Non possiamo tirarci indietro
Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri (Giovanni 15, 9-17).
Questa sotto unità del capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, comprendente i vv. 9-17, è letterariamente legata a ciò che precede, mediante l’insistenza su “rimanere” e, alla fine, mediante la prospettiva del frutto. Essa è in continuità implicita con la tradizione giudaica, poiché la vigna Israele doveva la propria esistenza all’amore di JHWH ma è anche in continuità con l’interpretazione giovannea della figura che ha messo in rilievo l’unità della vite e dei tralci.
A partire dal v. 9, il complesso simbolico della vite cede il posto a ciò che lo giustifica in profondità, cioè l’amore di cui Dio è la fonte: l’evangelista fa risalire Gesù all’origine, all’amore con cui il Padre 1’ha amato e in cui fonda il suo per gli uomini e le donne. Nel v. 12, la stessa espressione mostra il legame tra l’amore con cui il Figlio ha amato discepoli e discepole e il loro mutuo amore: un movimento discendente, continuo e inarrestabile: da Dio a Gesù, da questi a discepoli e discepole, poi gli uni per gli altri.
Al centro del passo è evocata la morte di Gesù come atto supremo d’amore (v. 13). Questo versetto segna il passaggio tra il primo movimento di pensiero, la comunicazione continua dell’amore (vv. 9-13), e il secondo che è caratterizzato dall’appellativo “amici” e orientato prima verso la prospettiva di un frutto che rimane, poi di una preghiera che il Padre esaudisce (vv. 14-16). Non si tratta soltanto di rimanere fermi nella fede in Gesù, ma, più profondamente, di vivere nell’amore ricevuto da Dio. Continua a leggere