Cominciando da Gerusalemme… e da sé
«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio (Luca 24, 46-53).
Molti commentatori descrivono con entusiasmo questo capitolo finale del Vangelo, come “sintesi teologico-kerygmatica delle riflessioni e della predicazione che la prima comunità ha fatto sulla base delle ultime esperienze o incontri con il Signore risorto” (R. Fabris, 1975), da cui hanno ricevuto slancio per la missione universale di annuncio della salvezza donata da Dio al mondo con la morte e la risurrezione di Gesù.
Grande entusiasmo! Bella ricostruzione! Dunque: davvero la salvezza per il mondo viene dalla morte e dalla risurrezione di Gesù? Io non lo credo più, da quando, confrontandomi in comunità, ho “scoperto” che Gesù è stato un grande rabbi e un prezioso profeta, non il figlio unigenito di Dio volontariamente immolatosi per placare l’ira del Padre a causa dei peccati del mondo… e risorto dopo tre giorni.
E allora? Allora, intanto, gli autori dei Vangeli non sono altoparlanti di Dio, ma ci trasmettono la loro particolare interpretazione degli avvenimenti che narrano. Inoltre, credo che valga anche per loro la convinzione, ormai consolidata, che per una lettura più obiettiva dei fatti storici occorra lasciar passare molto tempo.
Le emozioni dei testimoni diretti, dei protagonisti e di chi, per ragioni varie, vi è emotivamente coinvolto, possono produrre interpretazioni troppo soggettive, tendenziose, fuorvianti… in perfetta buona fede. Così mi spiego l’entusiasmo dei discepoli di Gesù e delle prime comunità e della teologia paolina. Così posso capire che la catechesi abbia rapidamente presentato Gesù come il Messia-Dio che non resta tra i morti, perchè Dio è il Dio dei viventi…
Chi lo fa durare quaranta giorni (numero altamente simbolico), chi, come Luca, esaurisce tutto in una giornata… E poi Gesù è più grande di Elia: non ha bisogno di un carro di fuoco, ma viene trasportato in cielo “con le sue gambe”… E chissà se ha benedetto i discepoli, come leggiamo al v. 50, tracciando su di loro il segno della croce… Continua a leggere