Gesù è vivo in Dio
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti (Giovanni 20, 1-9).
Il vangelo di Giovanni ci parla della scoperta del sepolcro vuoto da parte delle donne e dei primi discepoli e della loro intuizione della “vita nuova” di Gesù. La Pasqua per i cristiani è una festa di gioia, è la grande festa della resurrezione, epilogo degli avvenimenti drammatici ricordati nei riti della settimana santa: l’ultima Pesach celebrata da Gesù coi discepoli, la passione, la crocefissione e la morte.
Possiamo comprendere meglio la Pasqua se ricordiamo che cosa era ed è la Pasqua o Pesach ebraica. E’ la festa più significativa per Israele, è il ricordo dell’esodo, della liberazione del popolo dalla schiavitù in Egitto, il ricordo del patto con Dio, la promessa della terra e della libertà; è la festa della primavera, quando ricomincia una vita nuova anche per la natura.
Il cerimoniale della cena pasquale degli ebrei (seder), adesso come ai tempi di Gesù, è complesso e pieno di contenuti simbolici (le erbe amare, memoria delle durezze della schiavitù in Egitto, il pane azzimo quale ricordo del pane che non ebbero il tempo di far lievitare e di cui gli Israeliti si cibarono durante la loro fuga, le coppe di vino bevute ringraziando Dio per la liberazione e per il patto di alleanza suggellato con Israele). Per ogni ebreo è l’impegno a cominciare un cammino di liberazione ogni giorno.
Gesù ha attribuito grande importanza alla celebrazione del suo ultimo seder con i discepoli: “ho ardentemente desiderato mangiare con voi questa pasqua prima del mio patire” ( Lc 22, 14-16). Sapeva che la cena avrebbe avuto il significato di un addio e ha voluto lasciare un segno che potesse diventare un sostegno dopo la sua morte: sarebbe stato possibile renderlo presente ogni volta che ci si fosse trovati insieme a condividere il pane e il vino ricordandolo, poichè era certo che sarebbe stato sempre vivo in Dio.
Dopo la cena Gesù si è avviato al monte degli ulivi iniziando la strada che è culminata con la crocefissione, la morte e la deposizione nel sepolcro.
Nel racconto di Giovanni, sia Maria Maddalena che i discepoli sono ancora spaventati e schiacciati dagli avvenimenti, si sono forse dimenticati delle frasi di Gesù: (Matteo 26:29) “Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». Continua a leggere