Pietro, uno di noi…
(Luca cap. 22,14 – 23,56)
Leggendo la narrazione della passione, veniamo colpiti dalla parte rilevante che vi svolge la figura di Pietro. Tuttavia, per quanto riguarda il corso degli avvenimenti esteriori, Pietro non ha praticamente nessuna importanza. Tutta la parte del racconto che lo riguarda potrebbe essere cancellata senza che cambi niente nell’andamento delle cose. E inoltre sembra che questo episodio sia stato inserito in un secondo tempo, forse dallo stesso Marco, nella storia della passione. Ma allora perché si è voluto raccontare in modo così preciso il “tradimento” di Pietro’? Se proprio Pietro deteneva nella chiesa primitiva una posizione particolare, a che scopo questo ricordo poco lusinghiero? A puro scopo di ammonimento? Una semplice messa in guardia dalla presunzione ed un esempio di pentimento concreto?
Pietro si era sentito molto sicuro: anche se tutti avessero piantato in asso Gesù… lui no! Avrebbe preferito morire con Gesù piuttosto che tradirlo. Pietro, un uomo che vorrebbe essere buono, generoso, coerente, saldo come una roccia, ma che, umanamente, non riesce ad esserlo fino in fondo, un uomo che, per dare spazio ad una sicurezza recitata, reprime la propria paura, solo per esserne travolto e lasciato ancora più smarrito, che pronuncia parole solenni, ma ne mantiene poche, un “uomo d’azione”, che ignora i propri sentimenti più profondi, ma appunto per questo si trova impotente in loro balia… in fondo uno come noi. Anche per Pietro il vicolo cieco della menzogna e della paura diventa, sempre più stretto e sempre più inevitabile.
Per noi oggi, il nostro problema come “credenti” non è la minaccia fisica della persecuzione e della morte: è vero invece che ognuno/a corre il rischio di ritrovarsi spesso in situazioni di estrema difficoltà, di scelta, di angoscia e di dipendenza umana che gli impediscono di vivere veramente come Gesù ci ha insegnato. Il “tradimento nei confronti di Gesù” da parte di Pietro non è dunque il tradimento di una formale professione di fede dogmatica nei confronti di Dio, ma un tradimento del proprio essere. Oltre ad evitare la teologizzazione del racconto bisogna dunque evitarne anche la moralizzazione: soltanto, invece, un rapporto vero e sincero, un totale affidamento a Dio libera dalla paura della gente e ci riconsegna anche la capacità di agire veramente come vogliamo. Continua a leggere