Ho deciso di non venire più a compromessi, ho deciso che devo dire la verità fino in fondo, perché solitamente noi teologuzzi non facciamo altro che ripetere ciò che hanno detto altri, magari incensando o adulando, oppure facciamo i diplomatici e stiamo attenti a farci capire senza magari dire le cose che vorremmo dire. Anche questa fase, che è durata almeno ventanni della mia vita e che non rinnego, perché era dettata dal rispetto per le persone, soprattutto per i laici che potevano scandalizzarsi se si diceva chiaramente tutto quello che si sentiva dentro, anche questa fase, dicevo, è finita.
E prima di morire voglio chiedere la grazia di poter dire, almeno per una volta, la verità, e per fare questo chiedo la vostra collaborazione. Io, quello che si può dire, quello che ritengo di dover dire, lo dico, ma è il massimo del consentito, anzi, va oltre il massimo del consentito abitualmente. Allora permettetemi di fermarmi lì e offritemi la vostra collaborazione per giungere a quella chiarezza che vi aspettate.
Ma veniamo subito al tema: "Quale castità per le persone omosessuali?". A me è piaciuto molto. Pensate! La castità sui vecchi libri di morale era descritta come astinenza sessuale, per cui la nostra buona mamma e il nostro buon padre non si potevano considerare casti, perché, almeno per fare noi, hanno dovuto rompere questa astinenza. Ma la pura astinenza sessuale non coincide con la castità, ho allora provato a formulare una nuova definizione, che mi pare più appropriata: "Sessualità messa al servizio della vita e dellamore, non solo del piacere". Ho aggiunto il termine vita per dare maggiore completezza alla definizione che, in termini più vaghi, ma senzaltro più poetici può essere riassunta nellespressione: "Essere casti significa essere liberi per amare".
Come vedete non ci si chiede anzitutto: astinenza si o astinenza no; sessualità si o sessualità no. Quel che si chiede a chi vuole praticare la castità è di poter avere la libertà dentro, una libertà che si manifesta dicendo anche: "Si! Ti voglio bene!". Poi è logico dire che il comportamento di una persona che vuole bene sarà caratterizzato da alcuni momenti di dedizione sessuale e da alcuni momenti di astinenza sessuale. A questo punto cè chi conclude che, per le persone non sposate, i momenti di astinenza sessuale sono gli unici, che non cè niente da fare, che tutte le porte sono chiuse e che qualunque altro discorso è privo di senso. E allora il discorso diventa fin troppo semplice, ma, chiediamoci, è ancora vero questo discorso troppo semplice? Addirittura per gli stessi sposi, siamo praticamente ancora al tempo dei santi padri come San Cesario dArles o SantAgostino che dicevano: "Come quando tu fai lagricoltore e semini un campo, non sei così stupido da perdere altro seme prima del raccolto. Così, poiché la sessualità è il seminare, devi attendere il raccolto per poi, un anno dopo, poter inseminare di nuovo". Ecco. Questo è quello che si diceva allora, ma sono molti i cattolici che sono ancora fermi lì.
Ma guardiamo un po più in profondità i vari problemi che sorgono a questo punto: io ne ho in testa tanti, ma se voi mi aiutate, riusciremo a tirare fuori quelli che, per voi, possono risultare più interessanti.
Un problema, quasi sempre (dico quasi per non sembrare troppo asseverante), è legato al fatto che la morale, per gli omosessuali, risulta essere uguale a quella che si propone agli eterosessuali (fatte naturalmente i debiti parallelismi). Il fatto è che il tema dellomosessualità non è percepito come importante. Io, quando trattavo certi argomenti, cercavo sempre di dare delle risposte problematiche, ma quello che i miei interlocutori volevano subito sapere era se fossi favorevole oppure contrario ai rapporti sessuali per una determinata categoria di persone. Io cercavo di mediare per raccogliere più valori, ma per quelli che mi ascoltavano o ero pro o ero contro: se ero pro, andavo bene alle sinistre e venivo odiato dalle destre; viceversa, se ero contro.
Largomento che avete scelto: "Quale castità per gli omosessuali?" sembra supporre che ci sia una castità per quelli come voi. E, per Bacco se cè! Ma quale? Qui alcuni dicono che, per la posizione tradizionale cattolica, lunica castità possibile per voi implica lastinenza sessuale. A questo punto voi mi potete dire: "Ma io non posso sposarmi! Ieri mi spingevano anche a sposarmi, facendo linfelicità di tre o più persone". Oggi pare che questo si faccia di meno o che, addirittura, non si faccia affatto. Ma cè sempre il problema di unastinenza che può durare una vita. E che non è una scelta, perché anche la mia astinenza di prete dovrebbe durare tutta una vita, ma è il frutto di una scelta iniziale chiara, precisa e decisa. Per voi, invece, si tratta di una situazione in cui uno si sente tirato dentro senza sapere il perché Una situazione di cui cercheremo ora di vedere le motivazioni essenziali. Queste motivazioni le ha tirate fuori, in maniera molto dura, il papa, prima di partire per il Messico durante lo scorso mese di gennaio.
Prima di parlarne vorrei ricordare che, su questo argomento, in passato, ho difeso oltre ogni limite listituzione ecclesiastica, compatibilmente con la mia coscienza. Mi viene in mente un giovane sacerdote che, quarantanni, mi aveva interrogato circa un articolo e mi chiedeva: "Perché far soffrire ulteriormente della gente che già soffre? Perché unire sofferenza a sofferenza?" Per dare una spiegazione io gli avevo risposto: "Questi poveretti sono dei malati". Oggi voi mi sparereste. Allora molti gay mi avevano ringraziato: erano riusciti a trovare, in qualche maniera, il mio indirizzo di piccolo prete nascosto nelle campagne sulle colline per dirmi grazie.
Ventanni dopo mi sono ancora sbagliato (Ma ci credevo, ci credevo in quello che dicevo!) quando largomento omosessualità è comparso sui documenti del vaticano. Per spiegare questi documenti io avevo detto: "Guardate che non ce lhanno con voi. Bisogna distinguere omosessuale e omosessualità. Ce lhanno con lomosessualità, perché è sbagliata e deviante a quanto dicono loro. Con voi non ce lhanno in nessun modo!".
E invece mi sbagliavo io. Sia perché sotto certe affermazioni cera una avversione che non credevo di trovare, sia perché lomosessualità è una realtà astratta, che non esiste. Ci sono solo gli omosessuali e quindi la carica negativa di certe condanne raggiungeva, innanzi tutto, loro.
Quando papa Giovanni, nella Pacem in Terris (unenciclica formidabile che, secondo me, è la migliore del secolo) diceva: "Bisogna distinguere tra peccato e peccatore, tra errore ed errante" la frase chiariva tante cose, perché allora, ad esempio, non si distingueva a sufficienza in materia di libertà religiosa. Fino ad allora non la si poteva concedere a chi la chiedeva. Naturalmente non cera bisogno di chiederla perché, la libertà religiosa, ciascuno ce lha: lha dalla natura, lha da Dio la libertà religiosa. Ecco quindi la necessità di distinguere lerrante dallerrore.
Ma nel vostro caso lerrore non cè senza una persona che se lo ritrova addosso. Eppure io avevo cercato di applicare quella distinzione allomosessualità.
Come vedete ho fatto il possibile per difendere le posizioni istituzionali. Adesso però voglio dirvi le cose a cui mi appello.
Innanzi tutto cè quel discorso del contro natura. Si tratta di un discorso che non tiene conto del fatto che ci sono omosessuali che lo sono dalla nascita, mentre altri, se lo sono poi diventati, lo sono diventati in maniera irrevocabile. In questi casi la natura di queste persone è quella omosessuale. E Dio, che ha creato tutto, ha creato anche queste persone pur sapendo benissimo che sarebbero state così. E, nonostante questo, lha fatto ugualmente. Questo significa che queste persone hanno una loro propria vocazione, che la loro omosessualità è una vocazione che Dio ha dato loro al momento della creazione.
E poi cè la vocazione di Cristo redentore che è venuto a liberarmi, a tirarmi fuori. A dire: "Guarda che non sei mica scartato, se cè qualcuno che deve scartare e potrebbe farlo sono io. Ma io ti voglio bene. Non sei la pecorella smarrita. Sono gli altri che ti considerano tale. Sei uno che per giunta ha tanto sofferto e allora mi immedesimo ancora di più nella tua situazione". Questo è quello che dice il Signore.
Poi, se siamo figli del Padre creatore, se siamo fratelli di Cristo redentore siamo anche pronti a seguire la guida dello Spirito Santo. Ma diremo poi di questo Spirito Santo. E vedrete che alla luce di questa verità le cose non hanno più bisogno di essere tamponate, di trovare a tutti i costi una giustificazione e possono essere affrontate con una maggiore serenità.
Poi, dai tempi del Concilio, si deve tenere presente anche la libertà di coscienza di ciascuno di voi, una libertà che tutti debbono rispettare. Ciascuno di noi ha una libertà religiosa che dipende da lui e che, pur dovendosi confrontare con i tanti consigli che gli vengono, resta il criterio ultimo in base al quale fare qualsiasi scelta.
Ma torniamo al discorso del papa, che, parlando dei rapporti omosessuali li ha definiti: "Incontro corporale fine a se stesso perché infecondo". Ora, io dico: lincontro corporale non lo si può ancora considerare solo un mezzo per procreare, è una visione parziale e mi spiace che siano sempre quei quattro monsignori retrogradi e quei quattro cardinali in età avanzata che preparano la minuta e poi la bella copia dei discorsi, a far dire al Papa certe cose. Questo lo dico per pensare bene, perché se si volesse pensare male, basterebbe ricordare i soliti quattro che, per fare carriera, si fanno dei meriti per il sistema sottolineando quelli che sono i punti che sanno essere graditi al papa, invece di dire: "Ma Santità, senta un po. Questi sono al mondo solo per essere bastonati e prendere pedate nel sedere? Non ci può essere una vocazione un po migliore?".
Eccoli quindi portare avanti argomenti come linfecondità dellunione. Si è vero, cè infecondità nellunione omosessuale. Ma cè anche il matrimonio dei vecchi che sono sterili. Cè anche la sterilità che può venire anche nei giovani e che causa linfecondità dellunione. Ma in questi casi nessuno pensa di togliere lunione, di togliere il matrimonio!.
Cè poi un secondo argomento, quello della "non complementarità che cè in una coppia di omosessuali". Si tratta di unaffermazione parziale. Infatti, quella che non cè, è la totale complementarità, ma una complementarità cè sempre, come del resto cè complementarità tra uomini di generazioni diverse. Tra laltro cè una considerazione di San Tommaso che, dopo aver osservato che: "Il Signore ha creato luomo, poi ha voluto creare la donna per dargli un aiuto simile a lui (audiutorium similem sibi)", prosegue dicendo che: "In realtà un uomo può farsi aiutare da un altro uomo, molto meglio, in tutto, tranne che per la generazione, per fare cioè dei figli". Come vedete non c'era un grande rispetto per le donne. Ora la complementarità è una cosa da raggiungere quando si può, fin che si può. Ma non può essere tirata fuori per dire: "O cè una complementarietà totale o non cè niente". Un atteggiamento del genere si chiama integrismo, un integrismo che dice: "O tutto, o niente!". Ma tra il niente e il massimo cè di mezzo linfinità delle cose che si possono fare. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Non solo le relazioni interpersonali feconde sono relazioni interpersonali. Il fatto che la relazione interpersonale ci sia da già una giustificazione molto forte!
La visione che presuppone il discorso che il papa ha fatto alla Sacra Rota è riduttiva, perché vede tutto in funzione della procreazione. Ma parlando dei rapporti sessuali, siamo arrivati a metterci dentro lamore, che era fine in subordine ed è diventato fine collaterale e a volta addirittura superiore rispetto alla procreazione, ed ecco che qui si parla solo di procreazione.
Adesso, poi, si stanno studiando altre finalità: la finalità ludica ad esempio, che presuppone una dimensione di gioco che è presente nellerotismo sano e che può essere vissuta con coscienza sicura. Già Ambrogio Valsecchi, prima di morire (e sono già circa quindici anni che è morto), parlava: di "eros che ci dà gioia e che ci fa raggiungere perfino il trascendente, he arriva fino a Dio, lautore della gioia che noi ritroviamo nel giusto amplesso" (Lui lo chiamava così perché nellamplesso cerano leros e lamore insieme, in una situazione tale per cui non si poteva dire che fosse una brutta cosa. Una situazione che, anzi, lo rendeva un incanto, qualcosa di mistico, qualcosa di misterioso, che, però, veniva percepito come qualcosa di positivo). Come vedete si potrebbe andare avanti a lungo nel trovare significati alla sessualità capaci di integrare quello procreativo che, secondo il discorso del papa, sembra essere lunico, ma credo che sia il caso di fermarsi qui.
Andando avanti su questa pista, emergono anche tanti altri problemi che il discorso del papa solleva. Per esempio il fatto che con le coppie omosessuali si siano prese in considerazione anche le coppie eterosessuali non sposate. Ci pensavo stamattina: il ministro Balbo ha detto di essere a favore del riconoscimento delle coppie omosessuali, delle adozioni estese ai single e di tante altre cose che verranno anche perché sono in linea con un reale riconoscimento delluguaglianza tra i sessi, delluguaglianza fra la condizione omosessuale e la condizione di chi ha un orientamento sessuale diverso. Ma io credo che ci siano dei tempi da rispettare. Il ministro in questione ha rischiato il suo incarico perché ha voluto pretendere troppo e questo non è giusto. Il tempo che ha bisogno una persona onesta, per capire delle cose nuove, è sacrosanto, e noi glielo dobbiamo dare. Se non glielo diamo, lui se lo prende lo stesso, magari con rabbia. Se non rispetto il diritto che una persona ha di giudicare con perplessità certe innovazioni, corro il rischio di bloccare, o addirittura di fare arretrare nella società, quegli stessi valori che vorrei portare avanti.
Adesso dobbiamo puntare innanzi tutto sul diritto che le coppie di fatto eterosessuali hanno, di essere riconosciute dallo stato. Poi ci domanderemo se queste coppie abbiano qualcosa di sostanzialmente diverso da quelle formate da persone dello stesso sesso: se non emerge nulla di sostanzialmente diverso lo Stato dovrà concedere agli omosessuali quello che avrà già concesso agli eterosessuali che vivono nella stessa situazione.
Come vedete si tratta di fare un passo alla volta, anche se limpianto repressivo che il cardinale Ratzinger ha costruito tende a raggiungere tutto: perché ormai è stato dogmatizzato tutto; ormai tutte le affermazioni sono infallibili. Abbiamo passato tanti anni per distinguere: "Linfallibilità arriva qui, mentre là non arriva affatto". E per risolvere il problema alla radice ecco che ti fanno fare il giuramento e, se non sei daccordo, ti dicono: "Ma come? Tu lhai giurato! Allora sei anche uno spergiuro!".
Ci fosse di mezzo un valore grande! Invece si tratta di un disvalore. Perché la famiglia è certamente un valore ma la famiglia ritenuta sempre uguale lungo tutto lo scorrere dei secoli, è un assurdo, una cosa impossibile. Quella che ci deve stare a cuore è la famiglia come centro di amore: come luogo dove uno non vale per quello che sa, ma vale per quello che è; dove uno non vale per quello che ha, in soldi o altro, ma vale ed è amato di più se è bisognoso. (la brava mamma bacia due volte tanto il bambino che è handicappato).
Allora a chi ci dice: "Avete offeso la famiglia" possiamo tranquillamente rispondere: "La famiglia? Ma semmai la stiamo esaltando proponendo di vivere, nelle coppie di fatto, quellamore che dovrebbe tenere insieme le famiglie".
In realtà, quello che si vuole, è limposizione del matrimonio a quanti vivono in una situazione irregolare. Ma questa è una limitazione della libertà di coscienza, della libertà religiosa: qui, per essere con il Concilio Vaticano II, non si può più stare con il cardinal Ratzinger e occorre lasciarlo andare per la sua strada.
Come si fa, infatti, a dire, con tutte le disunioni e i divorzi che ci sono, che: "Dove cè matrimonio, là cè ambiente adatto alleducazione. Dove invece cè coppia di fatto, là si alleveranno male i figli"? Ma, dato e non concesso che questo si verifichi, neppure una presunzione ci permette di privare un figlio di quelle agevolazioni che avrebbe nascendo da una coppia regolarmente sposata. "Presuntio cedit veritati", il bene di quanti fanno parte di una coppia di fatto è una certezza, il fatto che favorire questo tipo di convivenze danneggi le famiglie fondate sul matrimonio è una presunzione.
Cè dietro limpianto coercitivo che cera già stato sul divorzio, che è poi venuto fuori sullaborto, che viene fuori sulla droga e verrà fuori, probabilmente, sulleutanasia. Attenti che non sto sostenendo che la chiesa non ha il diritto di tirare fuori i suoi valori di riferimento su queste materie (valori che peraltro condivido), sto invece dicendo che questi valori si difendono con la testimonianza, con la forza delle proprie convinzioni e con la capacità di trasformarle in un progetto di vita condivisibile. Non è con la forza che si difendono certi valori. Non è dicendo: "Se non ti sposi in Chiesa non sei più sposato", oppure: "Se fai laborto io ti mando in prigione". Queste sono cose dellaltro mondo: il Vangelo, lo si dovrebbe annunciare con la gioia e con la bontà e non con la repressione. Quello che si propone, imponendo delle leggi, non è il Vangelo, ma un codice. IL fatto è che, invece di chiedere ai cristiani di essere testimoni dei valori in cui credono, si chiede loro di essere il braccio secolare, di sostenere il potere mentre le impone. Sono cose dellaltro mondo! Cose talmente incredibili che spesso mi chiedo se dietro non ci sia qualche cosa che non riesco a vedere.
Tra laltro cè stata unevoluzione grossissima negli ultimi trentanni. Quando ero piccolo (e ancora adesso, secondo la dottrina ufficiale) si diceva che il matrimonio cristiano è la stessa unione naturale di due che si sposano senza essere cristiani che diventa Sacramento e si sosteneva che, se non si arrivava al sacramento, quellunione non era valida (e quindi nemmeno il matrimonio civile poteva considerarsi valido). Ricordo il mio povero padre che, bravo cristiano militante, era anche lufficiale di stato civile del paese e doveva quindi sposare civilmente quelli che lo chiedevano. Il parroco lo tormentava gli diceva: "Tu non devi sposare la gente civilmente!", tanto è vero che lui si tormentava: "Se non posso sposare civilmente quelli che me lo chiedono, non posso nemmeno lavorare in comune" e gli rispondeva "Quando io sposo civilmente due persone non tolgo loro la possibilità di chiedere a te, parroco, in un momento successivo, di perfezionare il loro matrimonio, benedicendo la loro unione".
Mentre una volta si diceva "Non dovete sposarvi in comune, perché il matrimonio civile non vale niente ed è unoffesa al sacramento" oggi si dice: "Sposatevi almeno civilmente!". E hanno ragione quanti lo sottoscrivono questultimo invito, perché quello che conta veramente è lamore per il matrimonio.
Ma allora, visto che il fatto giuridico è giustamente ritenuto poco significativo, visto che matrimonio civile e matrimonio religioso sono considerati alla stessa stregua, perché negare a quanti rifiutano qualunque implicazione burocratica nella loro relazione gli stessi diritti di cui godono quelli che sono sposati? Per vendetta? Ma quale vendetta? Ma che male hanno fatto? Ci si comporta così per una fissazione? E se questo è vero, è giusto ragionare così?
E allora, se non sei sposato, ecco che ti negano anche laiuto per avere un figlio. Ti tirano via il medico, ti lasciano da solo con il dramma della tua sterilità, perché così facendo credono di educarti al rispetto per la famiglia fondata sul matrimonio. E non si rendono conto, invece, di rendere ai valori cristiani un pessimo servizio. Poveri valori cristiani: essere difesi dal bastone invece che dalla testimonianza sincera di chi li vive!
É tutto il discorso che meriterebbe un tono più elevato, un tono rispettoso per i tanti valori che ci sono in gioco: il rispetto per la persona, per la sua sessualità, per la sua dignità, per la sua libertà; il rispetto per il segno che si pone con sincerità, per la promessa damore che si pone con fedeltà; il rispetto per la capacità di pentirsi e di cambiare vita e per il perdono che di tale pentimento diventa il corollario; il rispetto per la vita che il Signore dona e limpegno nel difenderla nella sua dignità. Come vedete si tratta di cose bellissime, che spesso anche le coppie sposate in chiesa vivono con difficoltà. E allora, visto che è difficile testimoniarle con la vita, ecco che cè chi pensa di testimoniarle con il bastone: se non dici di rispettarle ti danno una bella legnata e così gli altri, per non prendere la legnata, si vanno a sposare in chiesa e si scambiano promesse di cui non sono affatto convinti.
Bisogna superare questa impostazione e bisogna lavorare per far cambiare latteggiamento della Chiesa. Da un po di tempo mi chiedo: "Queste cose perché le dico alla povera gente e non le dico ai luminari che hanno scritto il contrario? E come faccio a dirlo ai luminari del Vaticano che se parlano, parlano non per dialogare, ma per ammazzare? Non è che io abbia paura di essere ammazzato, ma vorrei trovare la via giusta ed il modo corretto di dirlo e, poiché non ho diplomazia, chiedo a quanti hanno un po di diplomazia, fra quelli che mi ascoltano, di aiutarmi in questa missione".
Quello che posso fare è leggere, se si prende in mano la Gaudium et Spes, i punti che vanno dal 47 al 52, lì trovi tanti valori del matrimonio e della coppia che non si finisce mai di scoprirne di nuovi. Quelli sono i valori da difendere, non le discriminazioni che si vogliono mantenere tra le famiglie fondate sul matrimonio e le unioni di fatto.
Ma torniamo allargomento di questa relazione e chiediamoci: "Alla luce di quanto detto è possibile definire dei criteri che ci permettano di dire chi è un omosessuale che vive castamente, senza per questo identificare la castità con lastensione dal sesso?".
Io credo che ci sia un modo per uscire in qualche maniera da questo ginepraio di concetti e di problemi con cui ho introdotto la domanda che ho appena fatto che, in un certo senso, rappresenta il succo del titolo che mi avete proposto. Naturalmente uno può risolvere tutto dicendo che basta obbedire al Vaticano. Non posso però condividere una simile semplificazione: se uno decide di accettare acriticamente quello che gli dice il magistero (ammesso che il magistero gli dica sempre tutto quel che deve fare) non fa altro che assumere nella propria coscienza largomento dellautorità. Può farlo, ma deve pur sapere che San Tommaso giudica debolissime e malate argomentazioni ("Argumentum auctoritatis est infirmissimum"). La coscienza infatti non la si può mai scavalcare, perché anche quando si sceglie di affidarsi a unautorità esterna si deve sempre passare dalla coscienza che dice che il magistero di questa autorità è da accettare come valido. Sullargomento San Tommaso si sofferma nel "De Veritate" (cfr. questio 17, articolo 5) quando si chiede: "Se cè conflitto tra parola della Chiesa (preceptum prelati) e la mia coscienza a chi debbo ubbidire?". E risponde meravigliato: "Come! Me lo domandi? È così semplice!" e spiega che " Il magistero non è che parola duomo, mentre la coscienza è voce di Dio" ("Praeceptum prelati non est nisi praeceptum prelati, consientia autem est vox Dei"). Siamo nellortodossia più pura! Cè un primato della coscienza alla luce del quale vanno affrontati i tre principi che ci permettono di parlare, anche per gli omosessuali di una sessualità casta.
Eccone di seguito una breve presentazione.
Il primo principio è quello dellamore. Un principio che abbiamo dimenticato, ma che stava a cuore anche ai conservatori del sesso come SantAgostino che, poveretto, avendo avuto le sue esperienze di devianza in gioventù, ne è rimasto influenzato in tutta la sua trattazione teologica (e prima di questo secolo, nello studiare il sesso, non siamo andati molto oltre SantAgostino). Occorre dire che il principio dellamore ha una sua ambiguità, perché io potrei chiamare amore quello che amore non è. Ma si tratta pur sempre di un principio evangelico e autentico che necessita solo di essere applicato bene. Il vescovo di Como, Maggiolini, ha scritto un articolo su questargomento sul "Messaggero di SantAntonio", il mensile della basilica del Santo di Padova (di solito non leggo mai i suoi articoli, ma quella volta mi è capitato di leggerlo). Quello che sosteneva era questo: per le cose che piacciono a lui il principio dellamore è applicabile, per le cose che non gli piacciono il principio dellamore non può essere applicato. Si tratta dello stesso discorso che si fa per il principio del minor male per cui si argomenta una posizione morale dicendo: "Per il principio del minor male" salvo poi dire che, in casi analoghi ma su argomenti diversi, il principio del minor male non lo si può applicare. I risultati sono talvolta grotteschi. Secondo la morale tradizionale, per il principio del minor male, è lecito ammazzare in tre casi (pena di morte comminata con giustizia, guerra giusta e legittima difesa).
A chi si richiama allo stesso principio per giustificare luso del profilattico quando uno dei coniugi è sieropositivo, la morale tradizionale risponde che in questo caso il principio del minor male non si applica e che luso del profilattico è sempre intrinsecamente un male. Ma allora è più intrinsecamente male luso del profilattico che luccisione di una persona? Non posso crederlo!
Ma ritorniamo al nostro principio dellamore. Su questo argomento mi viene in mente un film, di cui ricordo solo una parte della trama. La vicenda era quella di un prete che, dopo avere iniziato il suo ministero con tanta buona volontà, si era scoraggiato e aveva finito per innamorarsi, innamorarsi seriamente di una donna. La gente quando ha scoperto la relazione del prete si è infuriata e con i forconi, con i bastoni e con le zappe si era messa a cercare il prete per dargli una lezione. Nel frattempo era capitato, non ricordo più per quale motivo, che la ragazza di cui si era innamorato il prete si trovava in fin di vita. Lui, naturalmente è corso subito e quando lha raggiunta se lè messa sul grembo e la sollevava standole vicino per farla soffrire un po meno. Se voleva salvarsi avrebbe dovuto fuggire, perché i contadini che lo stavano cercando ormai avevano capito dove potevano trovarlo. Ricordo che vicino a me cera un altro prete (il film era stato infatti proiettato durante un incontro clericale) che ogni tanto esclamava: "Via! Via! Scappa! Va!". Ma lì era evidente che era lamore che contava, un amore che in quel momento non poteva che essere casto, e che magari era stato casto anche prima. Io credo che il regista di quel film sia riuscito ad esprimere lidea della castità dellamore molto meglio di quanto ho mai fatto io.
Ma guardiamo ora al secondo principio a cui dobbiamo fare riferimento per parlare di castità. Si tratta del principio della coscienza. Quando si parla di coscienza cè la coscienza certa, o che si dice certa e poi magari è erronea; cè la coscienza vera, o che si dice vera e magari non lo è. Papa Giovanni nella "Pacem in Terris" ha trovato unespressione molto bella e molto diversa: lespressione coscienza retta, un espressione che ha avuto anche altri significati, ma che nel significato che le ha assegnato papa Roncalli è veramente molto bella. Secondo Giovanni XXIII la coscienza retta è la coscienza, magari erronea (ma ricordiamo che si ha il dovere di seguire la coscienza erronea) che emerge in una persona retta, onesta. Cerchiamo quindi di essere onesti e facciamo quello che ci suggerisce la nostra coscienza onesta: poi possiamo essere nel vero o nel falso; possiamo essere sicuri o cadere nellerrore; non importa, limportante è che ciascuno di noi abbia agito secondo la coscienza retta del momento in cui si è chiamati a compiere una scelta.
Ci sono due principi fondamentali nel "De Coscienza". Il primo dice : "Occorre seguire sempre la coscienza". Cè però il problema delle cose che non si sanno, dellerrore che può portarmi continuamente a fare delle scelte sbagliate. Ecco perché occorre ricordare anche il secondo principio che dice: "Forma sempre la tua coscienza".
"Ma come si forma la mia coscienza?" mi chiederete voi. La risposta ce la dà Bernard Haering che ci risponde senza esitazione: "Col magistero! - e continua osservando - Il magistero di mia madre innanzi tutto, che era una santa donna. Il magistero di mio padre, che era un bravo lavoratore, infaticabile per i suoi figli. Il magistero del mio parroco e così via fino ad arrivare al magistero dei vescovi e del papa". Vedete quanti magisteri ci sono? Il problema è che abbiamo ridotto il magistero a quello che pensano un gruppetto di monsignori ben introdotti e a quattro o cinque cardinali che occupano posti importanti.
Il "De Coscientia" ci dice quindi che dobbiamo formare la nostra coscienza, perché potrebbe essere errata, ma ci dice anche che dobbiamo seguirla perché non abbiamo nessun altro mezzo per scegliere se non quello di farci guidare dalla nostra coscienza.
Ma la cosa più bella, il principio più bello, che concorre a definire la castità per una persona omosessuale, è quello più nuovo e più dimenticato (hanno incominciato a dimenticarlo prima ancora di formularlo) anche se la sua formulazione precede la sintesi di san Tommaso. Questo principio ci dice che la nostra legge non è la legge antica, ma la legge nuova. Ci dice che il Signore non è venuto per abolire quella antica, ma è venuto a portarci unalleanza nuova. E la nuova legge è la grazia dello Spirito Santo: è lo Spirito Santo che ci parla nel cuore. Si tratta di una verità che anche il catechismo ha recepito, anche se gli autori hanno deciso di metterla nella parte scritta in piccolo . Ma cosa dice il catechismo? Dice che la grazia dello Spirito Santo è la nuova legge.
Se allora mi domandate: "Cosa dobbiamo fare?", io vi rispondo: "Dobbiamo rientrare in noi stessi, pensare a quello che il Signore ci suggerisce e decidere di conseguenza". Queste cose, i preti, non le hanno mai predicate e adesso, quando qualcuno le predica, si sente dire: "Ma da che parte semini?".
E allora io rispondo: "Ma guarda! Guarda quante volte la Bibbia ti dice che devi fare quello che ti suggerisce il cuore, che devi seguire lo spirito: se le cerchi ci sono espressioni a bizzeffe che ti dicono questo..".
Qualche tempo fa, dovevo predicare le virtù a un gruppo di suore. A un certo punto mi hanno chiesto di parlare dellobbedienza e mi chiedono: "A chi dobbiamo obbedire? Visto che sono in tanti quelli che ci parlano". La mia risposta è stata molto semplice: "Occorre obbedire allo Spirito Santo". Non vi dico le domande! "E allora lubbidienza alla superiora? Lubbidienza alla madre generale?" mi hanno chiesto tutte allarmate. "Vengono dopo. - ho risposto io - Vengono dopo, perché prima cè lo Spirito Santo che, per me è il superiore unico. Voi che siete suore tenete magari un po di posto per la superiora e per la madre generale, ma ricordatevi che al primo posto ci deve essere sempre lo Spirito Santo". Non esagero: erano ormai due anni che predicavo gli esercizi a quelle suore. Dopo quella volta non mi hanno invitato più.
Ma io non so cosa farci. Continuo a dire, in tutte le occasioni e in tutti i momenti che la nuova legge è lo Spirito Santo. Cerchiamo allora di sentirlo dentro, lasciamogli spazio nel nostro cuore. Se poi uno, in nome dello Spirito Santo, si metterà a farneticare allora lo chiuderemo in manicomio, ma lo Spirito Santo non è matto, non lo può essere e quindi, se lo ascoltiamo nella preghiera sarà sempre la nostra guida. Ecco, ho finito e quindi mi fermo. Ogni tanto mia sorella mi chiede: "Ma quando ti fermerai?". Allora io le rispondo: "Il dottore mi ha detto che mi fermerò quando non sarò più vivo: la malattia che ha lei è una di quelle che accompagnano fino alla tomba". Bene! Allora andremo a vedere se cè lo Spirito Santo e a intervistare i santi per capire chi, alla fin fine, ha ragione.
Leandro Rossi
(sacerdote e teologo moralista)