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L’OMOSESSUALITÀ
NELLE SACRE SCRITTURE
di don Luciano
Scaccaglia
La realtà
dei fratelli e delle sorelle omosessuali emerge spesso nei
dibattiti sia politici che ecclesiali, e le posizioni e i giudizi in
merito sono assai distanti.
Recentemente
la Congregazione per la Dottrina della Fede così argomenta
contro il riconoscimento legale delle unioni omosessuali e la
possibilità delle adozioni dei bambini:
Esse (le
unioni omosessuali n.d.r.) non sono in condizione di assicurare
adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana:
l’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle
recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale; oltre ad
implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana (15),
non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.
Nelle unioni
omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale,
che rappresenta la forma umana ed ordinata dalle relazioni sessuali.
Esse, infatti, sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono
il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla
trasmissione della vita.
Come
dimostra l’esperienza; l’assenza della bipolarità sessuale
crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente
inseriti all’interno di queste unioni. Ad essi manca l’esperienza
della maternità e della paternità. Inserire dei bambini
nelle unioni omosessuali per mezzo dell’adozione significa di fatto
fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del
loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non
favoriscono il loro pieno sviluppo umano”(da l’Osservatore
Romano, edizione settimanale, venerdì 8 agosto 2003, p. 5).
A livello
culturale, e socio-politico, il problema dell’omosessualità
e delle unioni omosessuali è sentito diversamente e
molti si augurano un riconoscimento giuridico di tali unioni:
“E’
vero, infatti che ricerche attendibili parlano di una maggioranza di
italiani favorevoli a una qualche forma di riconoscimento giuridico
delle unioni tra persone dello stesso sesso: ma tale orientamento -
al presente - non ha alcuna possibilità di tradursi in uno
schieramento parlamentare a sostegno di una legge in materia. Dunque,
non è azzardato affermare che la posizione della Chiesa;
forse”ideologicamente”minoritaria, continua a esercitare una
certa egemonia culturale; tra moral suasion e la capacità di
interdire”(Luigi Marconi).
A livello
morale la Chiesa istituzionale Cattolica, Romana, pur esprimendo
rispetto verso le persone omosessuali, parla da sempre degli
atti omosessuali come intrinsecamente disordinati,
contrari alla legge naturale.
E porta tre
motivi: la Sacra Scrittura presenta dagli atti come gravemente
depravati, sono inadatti al dono della vita, non realizzano
una autentica complementarietà a livello affettivo e
sessuale.
Il
catechismo della Chiesa Cattolica parla di un”numero non
trascurabile”di uomini e donne che hanno tendenze omosessuali
innate; e quindi una condizione sessuale non scelta da
loro, per cui devono”essere accolti con rispetto, con passione,
delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la
volontà di Dio, nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire
al sacrificio della croce del Signore, le difficoltà che
possono incontrare in conseguenza della loro condizione”(n. 2358).
Sono però
chiamati alla castità, cioè a non praticare nessun
rapporto sessuale, aiutati dalla grazia sacramentale, dalla preghiera
e da amicizie disinteressate (cfr. CCC, n. 2359).
La
Sacra Scrittura e l’omosessualità
Il Magistero
e la prassi Pastorale tradizionale della Chiesa Cattolica circa
l’omosessualità si appoggiano all’insegnamento della Sacra
Scrittura, dove però si parla poco di questa realtà.
Occorre fare
a riguardo due premesse:
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In
alcuni testi della Bibbia per omosessualità si intende la
prostituzione sacra, esercitata nei luoghi sacri, durante
culti orgiastici:
“Non vi
sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le
figlie di Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla
prostituzione sacra tra i figli di Israele. Non porterai nella casa
del Signore tuo Dio il dono di una prostituta né il salario
di un cane, qualunque voto tu abbia fatto, poiché tutti e due
sono abominio per il Signore tuo Dio”(Dt. 23, 18-19); cfr. anche 1
Re 14, 24; 2 Re 23, 7; Os. 4, 14.
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Ogni
testo preso in esame va collocato nel contesto e nel suo ambiente
letterario, culturale e teologico. La Bibbia infatti è una
raccolta di scritti nata da autori diversi, in epoche diverse e
luoghi diversi.
Nella
Bibbia inoltre, come nel mondo antico, non c’era un termine per
designare l’omosessualità (la parola”omosessualità”fu
coniata soltanto nel 1869 da un medico ungherese, Karoly M. Benkert,
che in una pubblicazione in tedesco la uso per designare”individui
di sesso maschile e femminile”che”dalla nascita”sono orientati
eroticamente verso il proprio sesso”In V. P. Furnish - C.-L.
Seow-R.L. Brawley – H.C. Vaetjen – D.B. Martin – J.S. Siker,
Bibbia e omosessualità, Claudiana – Torino 2002, p. 11 nota
2.), tantomeno si parlava di sessualità come condizione
o di orientamento omo o etero sessuale:
“Quello
di ‘sessualità’ è un concetto astratto di cui siamo
debitori alle moderne analisi e teorie psicologiche. Lo stesso vale
ovviamente, per i concetti di ‘eterosessualità’, di
‘omosessualità’ e ‘bisessualità’: nel mondo
antico non esistevano termini per designarli. Era universalmente dato
per presupposto che tutti fossero ‘eterosessuali’, nel senso di
congenitamente (naturalmente) predisposti al congiungimento fisico
col sesso opposto. Così non esistono passi biblici
sull’omosessualità intesa come ‘condizione’ o
‘orientamento’”.
Genesi
19, 1-25
Molti per
colpevolizzare l’omosessualità si rifanno a questo brano
della Genesi: “I due angeli arrivarono a Sodomia sul far della
sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sodomia. Non appena li
ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si
prostrò con la faccia a terra. … Non si erano ancora
coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli
abitanti di Sodomia, si affollarono intorno alla casa, giovani e
vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero:
“Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli
uscire da noi, perché possiamo abusarne!” Lot usci verso di
loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé
disse: “No fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due
figlie che non hanno conosciuto ancora uomo; lasciate che ve le porti
fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla
a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio
tetto”.
Secondo gli
esegeti, questo racconto non ha lo scopo diretto di
dare un giudizio morale su un comportamento omosessuale, non
stigmatizza una pratica omoerotica. Riporta invece l’intenzione dei
cittadini di Sodomia di fare violenza a degli stranieri, ai quali
invece si doveva ospitalità e protezione, secondo la cultura
del tempo. Quindi direttamente viene colpito il peccato
gravissimo di inospitalità (cfr. Sap 19, 13-17).
L’ accenno
allo stupro dei due uomini è secondario:
“Il fatto
che l’aggressione, se fosse riuscita, avrebbe comportato lo stupro
dei due ospiti maschi di Lot da parte di una banda di altri maschi è
solo un dato accessorio del racconto. A quanto pare gli uomini di
Sodomia avevano intenzione di trascorrere una ‘notte brava’, e
gli inermi ospiti di Lot erano parsi un obiettivo atto alla bisogna”
(Bibbia e omosessualità, op.cit., p. 12.).
L’ospitalità
era così sentita presso gli orientali e il rispetto della
donna così basso, che Lot, per tutelare gli ospiti, è
disposto a prostituire le figlie.
A conferma
di questa interpretazione sta il fatto che in seguito, nella
Bibbia, si riporta questo episodio senza parlare del progettato
stupro:
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in
Ezechiele c. 16 il peccato di Sodomia è presentato come
peccato di avidità e di indifferenza nei
riguardi del povero:
“Ecco
questa fu l’iniquità di tua sorella Sodoma: essa e le sue
figlia avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero
la mano al povero e all’indigente”(Ez 16, 49);
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in
Matteo e Luca il fatto di Sodomia è riportato in un contesto
di mancata ospitalità: cfr. Mt 10, 12-15; Lc 10,
10-12;
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in
Giuda si parla di Sodomia e Gomorra come città che hanno
commesso vizi contro natura: “Così Sodoma e
Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate stanno
come esempio subendo le pene di un fuoco eterno” (v.7).
Che cosa si
intenda per “contro natura”appare da una nota della Bibbia
di Gerusalemme:
“vizi
contro natura”: alla lettera una ‘carne diversa’: una carne
che non era umana, perché il loro peccato era consistito nel
voler abusare degli ‘angeli’ (Gen 19,1-11 Bibbia di Gerusalemme,
p. 2621, nota 7.).
Per questi
autori sacri quindi il peccato di sodomia consiste nel fatto
che esseri mortali vollero fare violenza a esseri
immortali, a degli angeli.
Esegeti
cattolici e protestanti concordano su questa interpretazione
data a Gen 19, 1-29.
“In Gen
19, 1-29 viene raccontata la distruzione di Sodoma (cf. anche Gdc
19). In primo piano c’è l’inviolabilità del diritto
di ospitalità, che viene santificato, e non l’omosessualità.
La successiva tradizione dell’Antico e del Nuovo Testamento non
ricorda mai la proibizione dell’omosessualità quando accenna
a Sodoma (cf. Is 3, 9; Ger 23, 14; Ez 16, 49s; Sir 16 ,8). Inoltre lì
si tratta di violenza sessuale, ma anche della mescolanza di sfere
proibite, di uomini con angeli. Quindi è molto discutibile che
in Gen 19 (e Gdc 19) si condanni l’omosessualità”(Berbero
– Bettazzi – Crema – Geraci – Gnavi - Kothgasser – Pezzini
– Piana – Plescn – Rossi, Il posto dell’altro, le persone
omosessuali n elle Chiese cristiane, edizioni la meridiana, Molfetta
200, p. 99.
Levitico
18, 22 e 20, 13
“Se
avrai con maschio relazioni come si hanno con donna è
abominio.” (Lv 18, 22).
“Se uno
ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hannocommesso
un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà
su di loro” (Lv 20, 13).
I due
versetti sono all’interno della Legge di Santità (cc
17-26); questi capitoli, redatti forse alla fine dell’esilio (VI
secolo a C.), parlano della purità rituale, cultuale
che permette di avvicinarsi a Dio.
Infatti”In
Lv 18 e 20 si argomenta a partire dalla santità di Dio. Qui la
pratica omosessuale – come anche l’immolazione dei bambini,
l’evocazione degli spiriti, i rapporti sessuali con parenti
prossimi o con una donna durante le mestruazioni – appare come una
grave infrazione della sfera divina della santità.
Quest’ultima va intesa a sua volta come una ‘zona di forza
divina’ o come un ‘campo di forza di Dio’ (E. Gerstenberger),
dalla cui integrità dipende la vita del popolo o della
comunità. Ma ciò significa che le affermazioni di Lv
18, 22 e 20, 13 tematizzano l’omosessualità sotto la
prospettiva di una possibile infrazione dell’ordine della sfera
vitale creata e protetta da Dio e non dal punto di vista della
(possibile) configurazione etica di una relazione omosessuale”(Chiesa
Evangelica in Germania sull’omosessualità , Vivere in stato
di tensione, in Il regno/documenti, n. 17, 1/10/1996, p. 561).
Essere puri
quindi significava allora evitare la promiscuità della
specie, perché ciò generava sporcizia fisica e di
conseguenza impossibilità di partecipare al culto, di stare
alla presenza di Dio, il Santo, l’incontaminato:
“Essere
puri quindi significava essere un esemplare incontaminato di una
certa specie, che non avesse promiscuità con altre specie (il
che avrebbe comportato la contaminazione). In questo contesto,
perciò, ‘corruzione’ non significa corruzione morale,
ma sporcizia in senso letterale, fisico. E’ questa la ragione per
cui la Legge di Santità proibisce per esempio di accoppiare
‘bestie di specie differenti’, di seminare il proprio campo ‘con
due specie di semi’, di indossare una ‘veste tessuta di due
diverse materie’ (Lev 19, 19)”(Bibbia e omosessualità, op.
cit., p. 14).
Non si
tratta perciò di impurità morale, etica, a livello di
peccato, ma di contaminazione, impurità che indica sporcizia
in senso letterale, fisico:”Osservate le mie leggi. Non
accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo campo
con due sorta di seme, né porterai veste tessuta di due
diverse materie”(Lev 19, 19).
In questo
contesto culturale e cultuale occorre interpretare le
proibizioni del Levitino circa la omosessualità.
Secondo
l’esegesi protestante i rapporti omosessuali, di cui parla il
Levitico, sono contaminati e proibiti perché fatti in modo non
naturale: uno dei due partner giace nella posizione della donna,
assume un ruolo passivo, recettivo. Lo dice alla lettera il testo
ebraico:
“Esse (le
proibizioni del Levitico ndr.) condannano i rapporti sessuali tra due
individui di sesso maschile perché in simili atti uno dei due
partner deve – come dice letteralmente l’ebraico – ‘giacere
la giacitura (o nella posizione) di una donna’. In questo modo,
secondo la concezione ebraica antica, la virilità di quel
partner restava compromessa: egli non era più un esemplare
incontaminato della sua specie, ed essendo contaminato, tutto l’atto
risultava impuro: e così anche l’altro partner.
E’ così
importante osservare che questa norma del Levitico non prende in
considerazione in modo specifico il problema di cosa sia ‘buono’
o ‘giusto’ o ‘amorevole’. L’unica sua preoccupazione è
la purità, intesa in un senso oggettivo e letterale. E’
anche per questo motivo che la proibizione è così
assoluta e priva di ulteriori specificazioni. L’identità dei
due individui di sesso maschile non ha importanza, né conta la
loro età, la natura della relazione che li lega, se ci sia
stato reciproco consenso. L’unica cosa che ha importanza è
che uno di loro verrebbe fisicamente contaminato dall’assunzione
del ruolo femminile, e in tal modo contaminerebbe l’atto stesso e
il suo partner”.
Secondo
l’esegesi cattolica dai due brani del Levitino non si può
dedurre una condanna chiara dell’omosessualità, infatti
potrebbe trattarsi della proibizione della prostituzione sacra
maschile:
“La
condanna non viene motivata e neppure posta in relazione con
l’ordinamento della creazione. Non è possibile affermare con
sicurezza che il divieto riguardi l’omosessualità in genere
o una forma specifica di prostituzione cultuale (maschile) (cfr. Dt
23, 18s; 1Re 15, 12; 2Re 23, 7). La relazione con la prostituzione
sacra praticata a Canaan può permette un’ interpretazione
dell’omosessualità come mancanza contro la purezza della
fede di Jahvé e non da ultimo, a causa della grande stima
degli ebrei per il matrimonio e la famiglia - come espressione tipica
dell’immoralità dei pagani”.
1 Corinzi
6, 9-10
“O non
sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non
illudetevi: né immorali, né idolatri, né
adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri,
né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né
rapaci erediteranno il regno di Dio”.
I versetti
contengono uno dei tanti elenchi di peccati presenti in san
Paolo e in opere pagane, giudaiche e cristiane del primo secolo; cfr.
Rm 1, 29-31; Gal 5, 19-21; 1Cor 5, 11. Questo elenchi non coincidono
e non sono completi.
In 1Cor
6, 9-10 ci sono due parole per indicare uomini che praticano
rapporti omosessuali:
-
Effeminati
(in greco malakoi, in latino molles): erano uomini dai modi
femminili oppure uomini che nel rapporto sessuale tra maschi
assumevano un ruolo passivo. Oppure si tratta di adolescenti
che stavano con uomini maturi, per denaro (male prostitutes,
prostituti).
-
Sodomiti
(in greco arsenokoitai, in latino masculorum concubitores) il
termine greco è composto da due parole che indicano maschio
e letto; l’espressione è la prima volta che si
trova nel Nuovo Testamento.
Il
senso è quindi di un maschio che ha rapporti sessuali con un
altro maschio.
La
stessa parola con lo stesso significato si trova in 1Tm 1, 9-10:
“Sono
convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli
iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i
profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i
fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli
spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana
dottrina”.
Secondo
altri studiosi nei due brani Paolo condanna il rapporto
sessuale tra un adulto e un bambino, così frequente
nella antica Grecia. Inoltre l’apostolo si rivolge ai membri della
comunità di Corinto che avevano sperimentato queste pratiche
ma che ora sono stati purificati da Cristo:
“E
tali eravate alcuni di voi; ma voi siete stati lavati, siete stati
santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù
Cristo e nello spirito del nostro Dio!”( 1Cor 6, 11).
Naturalmente,
bisogna subito aggiungere che questo rifiuto dell’abuso sessuale
dei bambini riguarda non solo le pratiche omosessuali ma anche allo
stesso modo quelle eterosessuali. E anche nel caso in cui con le
espressioni ‘ragazzo di piacere’ e ‘stupratore di bambini’ si
dovesse pensare in primo luogo all’aspetto della pratica di
mestiere ( e meno al punto di vista dell’abuso del bambino), la
cosa varrebbe allo stesso modo anche per la variante eterosessuale”(
Cfr. Il Regno/documenti op:cit., p.561.)
“I
romani qualificavano come ‘vizio greco’ (Orazio, Ep. 2,1,156)
l’omosessualità maschile praticata con gli adolescenti, o
più precisamente l’amore efebico, e, dicevano con ragione,
che esso era sconosciuto nella vita romana più antica. Era
qualcosa di totalmente estraneo alla mentalità romana
tradizionale; per cui veniva da loro condannato in modo assoluto. In
qualche misura, tuttavia, al tempo di Orazio, aveva messo piede anche
a Roma, dove aveva assunto altre forme. Cicerone, scrive: ‘questa
abitudine di amare i ragazzi mi sembra che sia nata nei ginnasi
greci, nei quali questi amori sono liberi e tollerati’ (Tusculanæ
4;33)”(Cfr. L’Osservatore Romano, 5 marzo 1997.).
Secondo
l’interpretazione cattolica non è ben chiaro se in
1Cor 6-9 Paolo condanni in blocco i rapporti omosessuali o
solo la pederastia o addirittura solo una forma particolare di
essa che è l’amore prezzolato dei bambini.
Romani 1,
26-27
“Per
questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno
cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente
anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si
sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti
ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la
punizione che si addiceva al loro traviamento”.
Per Paolo e
in tutta la Bibbia il peccato più grave è l’idolatria
che produce vizi come l’immoralità sessuale (cfr. Sap
14,12), tra cui lo scambio dei ruoli sessuali (Sap 14,26).
E’ certo
che san Paolo si oppone a relazioni tra lo stesso sesso; non
conosciamo i motivi di questa condanna, però li deduciamo da
molti suoi contemporanei che nel mondo greco-romano attaccavano e
stigmatizzavano questa pratica:
-
Si
pensava che chi praticava il sesso omo era un etero
pervertito che voleva provare anche il piacere dello stesso
sesso.
Non
si pensava a quei tempi che ci fosse nell’uomo e nella donna una
tendenza, o un orientamento sessuale verso il proprio
sesso.
-
Allora
si credeva inoltre che gli atti omoerotici fossero intrinsecamente
lussuriosi, conseguenza di una bramosia sessuale insaziabile.
In
quel periodo si praticavano due forme di omosessualità
maschile.