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Note sul “Lexicon vaticano. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche”
Il volume
è stato curato dal Pontificio consiglio per la famiglia per
“chiarire le ambiguità attraverso una ricerca approfondita
della verità, guidati dalla ragione e illuminati dalla fede, in
totale obbedienza al magistero” (pag. 14). Quasi novecento pagine
organizzate in 78 parole-chiave su vari temi, in particolare su
sessualità, diritti delle donne, matrimoni, divorzi, unioni
civili, diritti degli omosessuali.“L’omosessualità
non è soggetto di diritti, poiché non ha alcun valore
sociale… Resta un intrigo psichico che la società non
può istituire socialmente…” (Lexicon,
Dehoniane, pag. 696).“Un
governo che decide l’instaurazione di un contratto tra
omosessuali, che possono così beneficiare di vantaggi fiscali e
sociali, non dirà che i miliardi devoluti a queste persone sono
altrettanti miliardi rifiutati alla politica della famiglia”
(ivi, pag. 175).
Pubblichiamo
qui di seguito alcune considerazioni di Paolo Rigliano
(psichiatra, responsabile di una struttura territoriale presso
l'Ospedale "San Carlo" di Milano).
Alcune considerazioni sulla voce “Omosessualità e
Omofobia” del Lexicon della Chiesa Cattolica, a firma di Tony
Anatrella, definito “psicanalista e specialista in materia di
psicologia clinica e sociale”. Il testo si basa su alcune
assunzioni indiscusse, date per assodate.
L’omosessualità è una tendenza sessuale parziale,
effetto di un conflitto psichico irrisolto, che risale al momento dello
sviluppo psichico. Essa non è di origine genetica. E’
invece una fissazione dovuta a molteplici ragioni, per cui il bambino
si rifiuterebbe di identificarsi con il genitore dello stesso sesso:
“Egli rischia di predisporsi a cercare, in seguito, presso le
persone di sesso uguale al suo, delle caratteristiche immaginarie di
forza e di potenza che paventava nel genitore di sesso identico”.
L’estensore dell’articolo chiama a comprovare queste
affermazioni le sue stesse ricerche (non citate) e la sua pratica
clinica. “La psicanalisi, secondo il pensiero di Freud, ha
proposto una teoria generale dell’omosessualità che resta
confermata dall’esperienza clinica. L’omosessualità
è una fissazione acquisita dalla pulsione sessuale, che la
mantiene nella sua economia originaria ed esprime un fallimento
dell’esperienza edipica e una regressione a pulsioni e a fantasmi
pregenitali”.
Gli omosessuali sono “immaturi affettivamente, si adagiano su un
fondo depressivo, che può essere compensato da rivendicazioni
narcisistiche, da un bisogno di presentarsi come vittime degli altri
(...) da un bisogno costante di riconoscimento”. E’ vero il
legame evidenziato da Freud tra omosessualità e paranoia come:
“contrattacco e rivincita contro la castrazione, legata al limite
rappresentato dall’immagine del padre per il figlio e della madre
per la figlia”. “L’omosessualità è
vissuta come una compensazione narcisistica a frustrazioni che il
soggetto si è via via inflitto”. Essa esprime “in
forma inconscia una relazione femminile con il padre”. Cui si
accompagnerebbe un risentimento verso il padre, in relazione con
un’impossibile identificazione paterna.
L’omosessualità femminile non è simmetrica a quella
maschile. Nelle lesbiche si ha “una massiccia identificazione con
l’immagine del padre paradossalmente accompagnata da un sincero
disgusto per l’immagine maschile, che comporta altresì una
diffidenza e un rifiuto sessuale degli uomini”.
L’omosessualità è favorita da immagini parentali
mal individualizzate sessualmente e da tutto ciò che
nell’educazione o nella società sopprime la
differenziazione sessuale: “è sempre nel fallimento
dell’identificazione sessuale che si sviluppa
l’omosessualità”.
L’omosessualità deve venir sublimata, “diventando la
pulsione della sociabilità”, altrimenti
“l’individuo si trincera in una condotta difensiva rispetto
all’altro sesso e a ciò che esso rappresenta”.
L’omosessualità è ansia, angoscia, narcisismo,
impotenza ansiogena: è “un intrigo psichico che la
società non può istituire socialmente”.
Essa è contraria al legame sociale, che può essere
fondato solo sull’identità maschile e femminile. Se
l’omosessualità diviene soggetto di diritti, “si
rovinano i fragili equilibri stabiliti dalla ragione nel corso dei
secoli e si aprono le porte a un mondo incoerente”. “Ora,
l’omosessualità non rappresenta alcun valore sul piano
sociale e non ha nessuna finalità; favorisce una deviazione dei
segni di riferimento fondamentali”. Totalmente negativa è
la prospettiva di famiglie omosessuali, che possano allevare bambini:
questi sarebbero intesi “come il duplicato del proprio io da
rifare”.
L’omofobia è l’arma di cui si serve la lobby
omosessuale per propagandare e far approvare un difetto psichico
contrario al legame sociale. Con questa accusa le organizzazioni
omosessuali intendono colpevolizzare gli eterosessuali: “Ogni
critica, ogni riflessione sull’omosessualità diventa quasi
blasfema, assimilata a un delitto: il delitto di omofobia”.
Riflessioni
Nessuna delle tesi sovraesposte ha un minimo di fondamento scientifico:
nessuna prova può essere addotta - e viene addotta - e mai
l’Autore pone il suo discorso sotto la cautela del dubbio.
Autentiche falsità vengono spacciate per vere. Solo due esempi:
1) Freud viene citato a sproposito, come se il suo pensiero fosse
unitario e non evolutivo, e non si citano le sue ultime e definitive
posizioni, che smentirebbero le asserzioni dell’Autore. 2) Il
processo che portò all’abolizione
dell’omosessualità come patologia dal Manuale
Diagnostico-Statistico è completamente falsificato: esso viene
addebitato alla lobby gay, mentre furono gli omofobi a promuovere un
referendum da cui uscirono sconfitti.
Il testo è scritto malissimo, con equiparazioni, salti logici e
contraddizioni insopportabili. La terminologia è spesso
incomprensibile: si accavallano affermazioni stentoree e oscure, nette
nella loro vaghezza. E’ un calderone vago e confusivo che rivela
solo la straordinaria tortuosità di chi l’ha concepito.
Rivela, soprattutto, un’ignoranza sconcertante, contraria a tutte
le acquisizioni degli ultimi decenni, non degli ultimi anni: per
esempio, “l’identità è un dato di
fatto”. Un guazzabuglio di piani e di livelli, di termini e di
pseudoconcetti, affastellati senza ordine e discernimento. Tutto
è fuorché un testo culturale scientificamente fondato:
è una imposizione di fede manichea, intollerante,
fondamentalista.
La ricostruzione dello sviluppo umano è quasi caricaturale e
grottesca. Castrazione, identificazioni, pulsioni vengono affastellate
alla rinfusa senza nessun ordine psicologico che possa anche solo
essere pensato e verificato. Di fatto, il testo non è
analizzabile e criticabile in termini scientifici, perché non ha
nulla di argomentato, non ha riferimenti verificabili a ricerche e
risultati, non ha rimandi testuali, non ha una teoria di riferimento,
non ci sono dati da confermare o smentire. Solo affermazioni dogmatiche
e assai vecchie.
Affermazioni oracolari si alternano ad altre fantasiose (“Il
bambino, come l’adolescente, passa anche per tappe di
sovrainvestimento della propria persona, che viene qualificata di
narcisista, di edipica, di identificazione, ma anche di
bisessualità psichica, di accettazione della propria
identità sessuale e di avvio verso
l’eterosessualità. Precisiamo che la bisessualità
psichica si verifica quando il soggetto interiorizza la differenza
sessuale”). Costante è la confusione tra identità
sessuale, identità di genere e orientamento affettivo e sessuale.
Certissima invece è la definizione
dell’omosessualità come pura, estrema, inemendabile
patologia: persino i tratti “positivi” degli omosessuali
diventano controreazioni compensatorie della loro patologia
costituzionale. A fondamento di questa confusione sta il concetto di
identità sessuale: come se gli omosessuali non possedessero
una identità completa e complessiva, dunque anche sessuale, e
negassero l’identità maschile e femminile (senza
specificare a quale livello avvenga siffatta negazione).
Quello che emerge è sempre l’ossessione cattolica per
l’ordine naturale e divino in cui ogni piano dell’essere
deve essere costretto: la logica è “o tutto o
niente”. Basta discostarsi da questo ordine per uscire fuori
dalla natura, dal volere di Dio e dalla salute individuale e sociale.
Allora si capisce che, affinché questa operazione persecutoria
riesca, l’omosessualità deve essere definita come tendenza
e pulsione sessuale, messa sullo stesso piano delle altre deviazioni,
secondo la millenaria tradizione di squalifica, cui si allude
demagogicamente: la pedofilia, il sadomasochismo, il libertinaggio, ecc.
E’ evidente nel testo un ricatto basato sul terrore: “Se si
dà ascolto alla lobby gay, vedrete cosa
succederà...”; e un tono da crociata, che vuole veicolare
l’idea di essere sottoposti ad una minaccia, cui bisogna reagire
in tutti i modi.
Si fabbrica opportunamente un nemico: l’ideologia di gender, di
cui non viene fornita nessuna specificazione. E gli si addebita ogni
nefandezza delirante: “Non è ragionevole pensare che si
possa istituire l’omosessualità come ciò che
è al tempo stesso la fonte della coppia e della famiglia”.
Ci si deve chiedere: quale argomento scientifico o sociale viene
trattato in questi termini? Proprio questa ignoranza smaccata, questa
volgarità diffusa in tutto il testo va interrogata: come mai la
chiesa cattolica si affida a un personaggio di questa levatura per
trattare un argomento così delicato, ancora tutto da indagare e
pensare? Quale operazione si vuole condurre? Si vuole certamente
ribadire, in termini che si presumono scientifici, la più netta,
totale e assoluta condanna. Si vuole confinare
l’omosessualità nel novero delle malattie, anzi delle
perversioni dello sviluppo: essa sarebbe pura deviazione sessuale,
fissazione, regressione, immaturità, disordine sociale,
antisocialità, infecondità. Nulla deve essere trascurato
pur di negare, sempre e comunque, una possibilità di vita. E
di amore: mai viene pronunciata la parola affettività, non
è mai sfiorata l’idea che l’omosessualità
possa essere produttiva di legame e di relazione. Fondamento di questa
visione è, appunto, il pregiudizio che essa sia sinonimo di
negazione del legame sociale.
Se da un punto di vista analitico, scientifico, psicologico, il valore
del testo è meno di zero, esso è
però importantissimo per quello che vuole introdurre: il
concetto di omofobia come violenza perpetrata dagli omosessuali. Ecco
che allora si chiarisce l’impianto del testo: allo
stesso modo dell’antisemitismo perpetrato dagli ebrei, anche
l’omofobia è “un argomento di
malafede”, un’invenzione offensiva e ideologica creata
ad arte dai gay per attaccare tutti quelli che non la pensano come
loro. In realtà, essa è frutto dell’eterofobia, la
paura tutta omosessuale dell’altro sesso. Nulla viene detto
delle persecuzioni che gli omosessuali hanno subìto, anche a
causa della chiesa.
Della persecuzione antiebraica il testo segue la logica, la dinamica e
i criteri. La descrizione delle organizzazioni gay fa pensare al
complotto, alla sovversione, all’infiltrazione e alla
degenerazione nel corpo sano della società, di cui pagheranno le
conseguenze i figli. Il potere di persuasione, di condizionamento e di
pressione di queste organizzazioni è illimitato, inquietante,
subdolo, minaccioso. Tutti i normali devono guardarsene, tutti ne
sono minacciati: l’omosessuale nega la differenza, la base
dell’omosessualità essendo “la ricerca dello stesso
e del simile”.
E’ incredibile la somiglianza logica, metodologica, psicologica
di questo testo con i più osceni scritti della persecuzione
antiebraica e con i documenti di ogni caccia alle streghe. Moltissima
parte del documento è diretta a fomentare la paura e
l’angoscia per la subdola operazione perpetrata dalla lobby
militante contro il diritto, contro l’antropologia e la natura.
Senza nessun limite, l’Autore usa autentiche mostruosità
psicologiche (“L’omosessualità è vincolata al
narcisismo e alle fasi primarie della sessualità infantile:
amore per la propria immagine, identificazione col genitore dello
stesso sesso, oppure controidentificazione, esitazione legata
all’identità sessuale ecc.”) per suffragare la sua
tesi della sovversione omosessuale, che è “un invito a
regredire e a instaurare ciò che di più primitivo vi
è nella realtà sessuale umana, vale a dire la sufficienza
narcisistica e la chiusura sull’identico e sul simile che ispira
il razzismo”.
Voilà, ecco raggiunto l’effetto desiderato: i gay come
cospiratori e distruttori, corruttori e veri razzisti. Stabilito questo
principio fondatore, si può ribadire che
l’omosessualità non è fonte di diritti
perché “l’orientamento sessuale di una persona non
è una qualità paragonabile alla razza, all’origine
etnica”. E l’Autore cita - non casualmente è
l’unica citazione di tutto il testo - un documento della
Congregazione per la Dottrina della Fede per avvalorare la sua tesi.
Tale documento afferma che “includere l’orientamento
omosessuale tra le considerazioni in base alle quali è illegale
discriminare può facilmente indurre a considerare
l’omosessualità come una fonte positiva dei diritti
umani.... questo è tanto più nocivo in quanto non vi
è alcun diritto all’omosessualità, la quale non
dovrebbe costituire dunque il fondamento di rivendicazioni
giuridiche”.
E’ questa la vera posta in gioco e l’autentico fine di
questo testo: esemplare da un lato per nullità scientifica e
falsità culturale, ma anche per la chiarezza dell’intento
persecutorio: politico, culturale, istituzionale. Tutto mira a sancire
l’impossibilità di considerare l’orientamento
affettivo, sessuale e relazionale come diritto inalienabile
dell’uomo, al fine di perpetuare una discriminazione che è
tanto più plausibile in quanto si dà l’illusione di
fondarla sulle certezze della scienza. Illuminante questo testo: alla
miseria scientifica e culturale della chiesa cattolica su questo tema
corrisponde un disegno lucidissimo e lungimirante. Si avverte la sfida
del pluralismo, della diversità, il processo di liberazione
dalla morale più oscurantista e retriva, ma si presume di
rispondervi, imponendo alla sfera politico-legislativa di restaurare
l’ordine antico, sano, naturale, assoluto. Il fine
è impedire che si esprima, anche in sede legislativa, la
democrazia affettiva che oggi rappresenta (questo documento lo
testimonia con forza) il vero, nuovo fronte della liberazione gay e
lesbica. Cioé: semplicemente umana.
Paolo Rigliano
(da: Viottoli n°11 del 9giugno 2003)