«La pietra che i costruttori hanno scartata, è diventata pietra angolare,
è questa è l’opera meravigliosa del Signore» (Salmo 118,22-23)Questo
versetto compare cinque volte nel Nuovo Testamento e tre di queste
cinque volte è collocato nel tempio di Gerusalemme. Lo troviamo in
tutti tre vangeli sinottici, pronunciato da Gesù alla fine della
parabola dei vignaiuoli.
La parabola, ve la ricordate,
racconta di un uomo che pianta una vigna, l’affitta a dei vignaioli e
se ne va in viaggio. Quando c’è il momento della raccolta manda un
servo per averne il frutto. Non volendo consegnare il frutto della
vigna al padrone, i vignaioli maltrattano il servo il quale viene
rimandato a mani vuote. Il padrone della vigna manda vari servi i quali
però vengono picchiati e uccisi. Alla fine decide di mandare suo figlio
convinto che di lui i vignaioli avranno rispetto. “Ma quei vignaioli
dissero tra di loro ‘ Costui è l’erede: venite uccidiamolo e l’eredità
sarà nostra”. Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della
vigna” (Mc 12, 8)
A questo punto Gesù chiede “Che farà dunque il
padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaioli e darà la
vigna ad altri. Non avete pure letto questa scrittura: La pietra che i
costruttori hanno scartata è diventata pietra angolare; ciò è stato
fatto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi”
(Mc 12,10). Io ho citato Marco e sebbene Mt e Lc riportino delle
piccole variazioni tutti i tre concordano su due elementi fondamentali
per il nostro tema.
In primo luogo, la parabola portata a
termine con la citazione del salmo viene raccontata da Gesù nel tempio.
Secondo la cronologia dei sinottici a un certo momento del suo
ministero Gesù si mette in marcia per Gerusalemme. Prima entra nella
capitale (l’ingresso “trionfale” – domenica delle palme), poi entra nel
tempio per “purificarlo”.
Dopo una breve parentesi, (il fico
secco) torna di nuovo a "passeggiare nel tempio" (Mc 11,27) dove in una
serie di episodi avviene il confronto finale con le autorità religiose
i capi dei sacerdoti, gli scribi, gli anziani, i farisei. Il
nostro salmo, quindi, viene citato in un contesto fortemente
segnato dalla polemica religiosa che ha luogo nel tempio.
In
secondo luogo, l’intento sia della parabola che della citazione è
chiaro, le autorità religiose si rendono perfettamente conto che Gesù
li sta identificando con i cattivi vignaiuoli.
“Essi cercavano di
prenderlo, ma ebbero paura della folla; perché capirono che egli aveva
detto quella parabola per loro”. Se loro sono i cattivi vignaioli, non
è difficile capire che la pietra scartata non può che essere Gesù
stesso. Questa interpretazione viene confermata dalla quarta citazione
del nostro testo nel libro degli Atti.
L’occasione è la
guarigione dello zoppo e la predicazione di Pietro e gli apostoli nel
tempio. Interrogati successivamente dai capi religiosi, Pietro
risponde “Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che questo
è stato fatto nel nome di Gesù il Nazareno, che voi avete crocifisso, e
che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest’uomo
compare guarito in presenza vostra. Egli è “la pietra che è stata da
voi costruttori rifiutata ed è divenuta la pietra angolare” (Atti
4,10ss).
Il nostro testo, quindi, appare in un contesto di
polemica contro i capi religiosi ambientata nel tempio. Il percorso di
Gesù dalla periferia della Galilea lo ha portato diritto al
simbolo centrale del potere religioso d’Israele: il tempio di
Gerusalemme.
Là prosegue il confronto finale con le autorità
religiose, confronto che aveva caratterizzato l’iter di Gesù fino a
quel momento (l’osservanza del sabato, la distinzione tra puro e
impuro, il perdono dei peccati e via dicendo). Tutte queste
controversie hanno a che fare con chi può essere salvato e come.
Nella
mia lettura “il tempio” come luogo simbolo della fede d’Israele,
rappresenta una visione religiosa basata sull’inclusione di alcuni
e l’esclusione di altri. Infatti, mentre il tempio accoglieva il
membro osservante del popolo d’Israele (maschile), esso escludeva o
scartava una serie di persone le quali non potevano accedervi o
vi accedevano solo in parte: le donne, gli stranieri, le persone con
malformazioni fisiche.
Una buona parte della religiosità
rappresentata dal tempio era costruita sulla stessa distinzione
tra puro e impuro e richiedeva un rigoroso separarsi da tutto ciò e
tutti coloro considerati, per un motivo o un altro impuri. Gesù,
infatti, accusa i capi religiosi di essersi allontanati dal cuore della
fede d’Israele (il gran comandamento) anteponendo all’integrità, la
salvezza e la liberazione degli uomini e delle donne l’osservanza di
leggi, precetti e tradizioni. Non è un caso che Matteo porta a
termine questa sezione con i “guai” contro i farisei (Mt 23).
Che
il tempio fosse al centro delle polemiche di Gesù è chiaro sia dalle
accuse mosse a Gesù davanti al sinedrio (“Noi l’abbiamo udito mentre
diceva: ‘Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo, e in tre
giorni ne ricostruirò un altro non fatto da mani d’uomo” (Mc 14,58))
sia dagli insulti che gli lanciavano quando era già in croce “Eh, tu
che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te
stesso e scendi giu dalla croce” (Mc 15,29).
Inoltre, Gesù stesso
seduto davanti al tempio aveva detto “Vedi questi grandi edifici? Non
sarà lasciato pietra su pietra che non sia diroccata” (Mc 13,2).
Gesù,
quindi, lancia un attacco al tempio, al tipo di religiosità e di potere
che ormai rappresentava e di conseguenza viene cacciato. Anzi
viene scartato. Identificandosi con gli e le escluse (le prostitute, i
peccatori e i pubblicani) e schierandosi dalla loro parte, viene egli
stesso escluso. In tutte tre versioni della parabola si legge che “lo
presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero” (Mt 21,39).
Dopo
il confronto nel tempio, Gesù sarà arrestato, processato,
condannato e condotto fuori ad essere crocefisso. Gesù viene
crocefisso, infatti, fuori le mura di Gerusalemme, lui e le sue
proposte sono stati scartati ed egli muore insieme agli altri scarti
del mondo di allora. Alla fine della lettera agi Ebrei si legge “Anche
Gesù per santificare il popolo col proprio sangue, soffrì fuori dalla
morta della città” e poi si aggiunge “Usciamo quindi fuori
dall’accampamento e andiamo a lui portando il suo obbrobrio” (Ebr
13,12s). Gesù, quindi, è la pietra scartata diventata
pietra angolare ossia la pietra dalla quale sorge una nuova
costruzione, un edificio, se vogliamo un tempio diverso cui
siamo tutti e tutte invitati a fare parte.
Con questo passaggio
arriviamo alla quinta citazione del nostro testo. In 1 Pt
leggiamo “Accostandovi a lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini,
ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi come pietre viventi siete
edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo per
offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1
Pet 2,4s.)
Assistiamo a due trasformazioni, in primo luogo, la
pietra scartata è “vivente”. Come si legge in Atti, Gesù è stato
crocefisso sì, ma Dio lo ha risuscitato dai morti. La storia di Gesù
non è finita ma ci interpella, invitandoci ad “accostarci a lui..”.
In
secondo luogo, l’essere, il diventare pietra vivente, non è
circoscritto a Gesù ma è una possibilità offerta a tutti. Accostandoci
alla pietra scartata divenuta pietra angolare, diventiamo anche noi
delle pietre viventi materia prima dalla quale Dio sta
costruendola la sua dimora, la sua casa, il suo corpo, il suo
tempio. “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6,16 cfr. 1
Cor 3,16) scrive Paolo mentre altrove si parla della comunità di
credenti in Cristo come “l’edificio di Dio” a cui costruzione
contribuiamo tutti.
Spero che ora appaia in tutta la sua forza
l’importo rivoluzionario del nostro testo. Ricordiamoci che seguendo il
salmo 118 il nostro versetto veniva pronunciato dopo l’ingresso al
tempio. Per l’Israele tornato dall’esilio, la salvezza passava sempre
dal centro.
La pietra scartata viene sì riabilitata ma il viaggio
che si compie è sempre dalla periferia o dai margini al centro,
dall’esilio al nuovo tempio in Gerusalemme. Come abbiamo visto, la
salvezza come ritorno al centro veniva ritualizzato dal salmo. Con Gesù
qualcosa del tutto nuovo accade; il centro (ossia una religione basata
sull’inclusione di alcuni e l’esclusione di altri) rappresentato dal
tempio è scardinato, la pietra scartata salva tutti e tutte dentro e
fuori ma non fa mai più ritorno al centro e perciò non produce (o non
dovrebbe produrre) una proposta di fede (una chiesa) che operi
esclusioni.
E’ ora di tirare le somme e chiederci che cosa possa
significare per coloro che per un motivo o un altro e soprattutto a
causa del proprio orientamento sessuale sono esclusi o accolti solo in
parte dai vari centri che costituiscono il nostro mondo, in modo
particolare dalle chiese.
In primo luogo, il messaggio di
liberazione, speranza e salvezza codificata nel salmo è una realtà
offerta da Dio a noi tutti e tutte oggi. Possiamo dire di più, come
mostra la storia tanto dell’antico Israele “pietra scartata”, quanto di
Gesù, Dio ha un debole per “gli scarti” prodotti dalla nostra “civiltà”.
Dio
viene incontro a coloro che si sentono, come dice Ravasi
confinati e bloccati per un motivo o un altro in un luogo angusto per
liberarli dalla loro angoscia per dare loro salvezza e integrità. Dio è
in grado di aprire gli spazi confinanti non solo liberandoci dai sensi
di colpa, di inadeguatezza, di negatività ma dichiarandoci preziosi,
facendo di noi delle pietre viventi dalle quali costruire la sua dimora.
L’esempio
che mi viene in mente sono le donne menzionate nella geneaologia di
Gesù secondo Matteo, donne in un modo o un altro scartate dal regime e
dalla religione patriarcale, donne con una sessualità decisamente non
convenzionale le quali contribuiscono attivamente alla storia di Dio
col mondo, Tamar, Raab, Rut e Betsabea.
In secondo luogo, Dio ci
libera non in base alla nostra condizione di scarto ma a partire dalla
sua grazia e misericordia. E’ vero, Dio ha un debole per coloro resi
deboli dal nostro mondo ma non è la nostra (eventuale) condizione di
scartati ad essere fonte di salvezza.
Se lo fosse non avremmo fatto
altro che ribaltare una certa teologia secondo la quale per diventare
cristiani bisogna diventare eterosessuale! Come non è l’eterosessualità
a renderci graditi davanti a Dio, non è nemmeno una sessualità altra!
Non so se bisogna ripeterlo ma noi siamo giustificati per grazia
mediante la fede. “Sei stato la mia salvezza!...Questa è opera del
Signore” dice il salmista.
Tuttavia, e in terzo luogo, c’è una
condizione per essere seguaci di Gesù: “Chi non porta la propria croce
e non viene dietro a me non può essere mio discepolo” (Lc 14,27). Come
abbiamo visto, la novità della proposta di fede di Gesù è che non passa
più per il centro ma si schiera dalla parte dello scarto. Portare la
propria croce vuole dire seguire Gesù fuori dall’accampamento e fare
della periferia la propria dimora.
A mio avviso una delle nostre
tentazioni più grandi è volere raggiungere il centro, essere
riabilitati dal centro! Vorrei suggerirvi che la via di Gesù è diversa,
lui ci propone di fare delle margini la nostra dimora. Ovviamente, come
dice hooks, c’è da fare una distinzione tra “marginalità imposta
da strutture oppressive e marginalità eletta a luogo di resistenza”.
Ma,
quando noi, seguendo le orme di Gesù eleggiamo le margini esse
diventano “spazio di possibilità e apertura radicale…luogo di
creatività e potere, spazio inclusivo, in cui ritroviamo noi stessi e
agiamo con solidarietà, per cancellare la categoria
colonizzato/colonizzatore” (p. 72).
Oppure ascoltiamo la proposta di
Rigliano: “Dobbiamo qui avanzare un’ipotesi forte: l’omosessualità, nel
nostro sistema sociale di occidentali di un paese affluente è ciò che
si rivela come fallimento del sistema eterosessuale dominante. Dobbiamo
riuscire a coglierne il ruolo residuale di scarto, mentre avanziamo
l’ipotesi dell’omosessualità come possibilità per tutti, accanto ad
altre” (p. 91).
Senza, aggiungo, io, esclusioni di sorta. La
storia di Gesù, intesa come pietra scartata che è diventata la pietra
angolare, può diventare la nostra. Essa è un itinerario di
liberazione che non torna più al centro rappresentato dal tempio e
perciò non continua a produrre degli scarti.
Il viaggio di salvezza
va proprio nella direzione inversa, dal centro o dal nostro
desiderio di centro ai margini, al fuori dove Cristo è stato crocifisso
e dove Dio ancora oggi sceglie di dimorare.
Infine, credo
che non sia difficile vedere come le istituzioni ecclesiastiche cui
apparteniamo abbiano difficoltà a non produrre la stessa logica
rappresentata dal tempio, logica che come abbiamo visto produce di per
sé lo scarto. E’ possibile immaginare una chiesa che non lo facesse
optando a fare dei margini il suo spazio di salvezza, e se sì, che
ruolo potremmo avere noi, come pietre viventi, nella sua costruzione?
Elizabeth Green
Casa Cares, 12 Aprile 2008