Non tutti i testi della Bibbia che toccano questo e altri problemi sono
da assumere letteralmente; bisogna interpretarli alla luce dell'insieme
della Rivelazione e della Tradizione per individuare il filo costante
del messaggio biblico. Così, alcuni passi considerati classici sul tema
della omosessualità sono da usare con riserva perché l'autore sacro ha
di mira prima di tutto la condanna di un altro peccato.
L'episodio di Lot
Il testo che ha dato il nome tradizionale alla «sodomia», cioè il
capitolo 19 della Genesi, ove alcuni abitanti di Sodoma chiedono a Lot
di consegnare loro gli ospiti "angeli" «perché possiamo abusarne»:
l'orrore dell'autore sacro e la sua condanna riguardano la violazione
della legge sacra dell'ospitalità (qualcosa dì simile si ha in Giudici
19).
Non è escluso anche un riferimento polemico contro l'idolatria cananea
che, nei suoi culti della fertilità, conosceva l'omosessualità (leggi
Deuteronomio 23,18-19, ove sono di scena i «prostituti sacri», uomini
che si prestavano a riti religiosi a sfondo omosessuale-che vengono
definiti spregiativamente «cani»).
Tuttavia esiste un filo da inseguire all'interno della Bibbia in cui il
discorso si fa più diretto ed esplicito (Levitico 18,22; 20,13). Nel
libro del Levitico si leggono moniti indiscutibili: «Non avrai
relazioni con un maschio come si hanno con una donna: è un abominio...
Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno
commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» . La pena di morte
nell'antico Israele aveva anche un valore teologico oltre che
giuridico. era in pratica la sanzione della «scomunica» dalla comunità
santa.
A questa prospettiva è da rimandare anche un testo paolino (Romani
7,24-32). In una lista di vizi che escludono dal Regno di Dio,
l'Apostolo introduce due classi di persone: i malakoi, letteralmente «i
teneri, i dolci», cioè gli effeminatì, il partner omosessuale passivo,
(1Corinzi 6,9-10) e gli arsenokoitai, vocabolo ignoto, in greco
classico ma etimologicamente chiaro, indicante gli omosessuali attivi.
A questa linea si può riportare anche la lista di vizi contrari al
Vangelo citati in ( Matteo 1,10) appaiono la fornicazione in senso
lato, gli arsenokoitai già citati e gli andrapodistai, cioè i
sequestratori di ragazzi per pederastia. (Sapienza 13-15)
Un'altra coppia di testi merita una particolare attenzione. Nel
trattatello di sull'idolatria l'autore, probabilmente un giudeo
d'Alessandria d'Egitto che scrive nel 30 a.C., elenca un alfabeto di 22
vizi. Si tratta dì un elenco costruito partendo dalla lettera t,
l'ultima dell'alfabeto ebraico, per giungere alla a, la prima, così da
indicare simbolicamente le perversioni dell'ordine morale. In questa
lista si parla anche della «inversione della generazione».
Idolatria e vizio
Non è chiaro a che cosa alluda il sapiente: per alcuni sarebbe in causa
l'omosessualità, per altri ogni frustrazione della funzione
generatrice. Significativa resta, comunque, la connessione tra
idolatria e vizio sessuale. Dalla decadenza religiosa nasce la
perversione morale. Ora, la stessa tesi è ribadita da Paolo nel suo
famoso ritratto della miseria morale e religiosa dei mondo pagano
presente in Romani 1,26-27
Qui, però, è nettamente in questione l'omosessualità: «Le donne hanno
cambiato i rapporti naturali in, rapporti contro natura. Egualmente
anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono
accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi
uomini con uomini». Anche qui la degenerazione sessuale è vista come
conseguenza della deviazione religiosa. La perdita del senso di Dio fa
precipitare nel gorgo del vizio da cui ci può liberare solo la grazia
salvatrice.
Certo, dobbiamo riconoscere che la Bibbia non considera le implicazioni
psicologiche e il groviglio antropologico dell'omosessuale. Il suo
giudizio è squisitamente teologico e si ancora - come sempre quando si
affronta la questione morale rivelata - alle radici fondamentali della
morale dell'alleanza: la relazione col progetto di Dio sull'essere
umano creato da Dio «maschio e femmina» (Genesi 1,27).
La tradizione cristiana
E' in questa traiettoria che si pone l'antica tradizione cristiana a
partire dalla Didaché, che ammonisce a «non commettere adulterio e ad
evitare pederastia e fornicazione», e da san Policarpo (II sec.) che
nella sua lettera ai Filìppesi cita 1Corinzi 6,9-10.
L'appello, comunque, non si affida a motivazioni filosofiche o di
morale naturale (inversione o perversione), ma si basa su ragioni
squisitamente religiose e si modella sulle esigenze del Regno di Dio.
Tra l'altro non bisogna dimenticare che Paolo, tra i frutti dello
Spirito ricevuti dal cristiano nel battesimo, pone anche «il dominio di
sé» (Galati 5,23) e il «non soddisfare i desideri della carne» (Romani
6).
Un'annotazione marginale
Nel 1978 veniva pubblicato a Filadelfia un libro: Jonathan loved David.
Homosexuality in Biblical times («Gionata amò Davide. L'omosessualità
in epoca biblica»), scritto dall'americano Toni Homer. In esso si
sosteneva che l'amicizia tra Gionata e Davide era di tipo omosessuale
(Samuele 1,26) «La tua amicizia era per me preziosa più che amore di
donna»).
Il libro, però, è stato demolito da un coro di critiche. Soprattutto si
riuscì a dimostrare inequivocabilmente che il verbo usato per indicare
questa relazione (ahab) ha in realtà un significato di tipo politico:
esprimerebbe piuttosto una coalizione tra il membro di un clan
dinastico al potere (Gionata) e un aspirante perseguitato ma con un suo
seguito popolare (Davide).
Gianfranco Ravasi
fonte: www.novena.it