Il pensiero di San Paolo sul peccato
a. Sebbene sia altamente improbabile che San Paolo abbia fatto
riferimento ai rapporti omosessuali nei testi delle Lettere alla
comunità di Corinto e a Timoteo, come vedremo più avanti, questa
scritta alla Comunità di Roma contiene un certo riferimento al tema sul
quale l’Apostolo dice: “Per questo la Divinità le abbandonò lasciandole
alle proprie passioni vergognose. Perfino le loro donne hanno cambiato
i rapporti naturali in quelli che vanno contro natura; allo stesso
modo, gli uomini hanno abbandonato i rapporti naturali con la donna e
ardono in cattivi desideri, gli uni con gli altri. Uomini con uomini e
soffrono, nei corpi, il castigo meritato per il proprio peccato”.
Di conseguenza, da tempo immemorabile, il fondamentalismo religioso ha
usato questo testo per condannare le persone di orientamento
omo/bisessuale, tanto uomini quanto donne.
b. Non possiamo leggere il brano in maniera isolata, ma in tutto il suo
contesto. Questa lettera alla Comunità di Roma è scritta ai cristiani,
ebrei e non. Dal capitolo 1 al cap. 3 della lettera, San Paolo dice che
il peccato ha alienato tutte le persone: da un lato, i non ebrei si
sono allontanati dalla Divinità a causa dell’idolatria e gli ebrei
hanno fatto la stessa cosa inclinandosi alla vanità ipocrita che
permette loro di mettere in pratica i culti, i cerimoniali e fare uso
di giudizi severi verso la Legge, contro gli altri. Ciò che S. Paolo
dichiara enfaticamente è: “Tutte le persone hanno peccato e sono
lontane dalla presenza gloriosa della Divinità” (Lettera ai Romani
3,23) e la nostra esperienza testimonia che “Cristo morì per i nostri
peccati e non per la nostra sessualità”.
Pertanto, nel leggere questo passaggio della Scrittura non dobbiamo
indicare solo le persone glbt come categoria di peccatori, ma far
riferimento a tutte.
Il pensiero di San Paolo sul culto
a. Forse ci risulta più facile visualizzare il reale significato del
testo quando capiamo che lo stesso è riferito quasi esclusivamente a
situazioni del culto. Quando si interpreta questa lettera, abitualmente
si suppone che S. Paolo rifiuti in modo sistematico tutto ciò che i
Romani, nella loro fede nazionale, facevano e rimettevano alla
“prostituzione del culto” e ad altre pratiche.
Non ci convince molto questo fatto di liberarci di una condanna per
crearne un’altra su altre persone….Crediamo che San Paolo si riferisca
alla situazione del culto in maniera inflessibile, ma che stia
mostrando una concezione nuova per l’epoca in cui non esiste il
sacrificio corporale, non è necessario offendere il corpo, né
violentarlo nei gesti liturgici. Non è necessario venerare il corpo né
straziarlo, non è necessario immolare animali, né rappresentare la
Divinità con qualcosa.
b. Molti fondamentalisti credono che ciò proibisca le immagini e i simboli. Non crediamo sia così.
Crediamo che essi siano considerati frutti del peccato umano quando
un’immagine o simbolo occupa il posto della Divinità che, come abbiamo
detto, semplicemente si manifesta; quando l’eterosessualità occupa il
posto di Dio e quando una frase della Bibbia presa alla lettera occupa
tutto lo spazio della sua manifestazione nella vita di qualcuno: questo
è peccato.
c. Nel Cattolicesimo, l’immagine della Vergine Maria e l’astensione
sessuale hanno occupato tutto lo spazio dell’adorazione. Nel
Protestantesimo un libro, un catechismo e l’eterosessualità hanno
occupato lo spazio della Divinità che giudica soltanto.
Tra i fondamentalisti, l’orrore verso tutti i piaceri ha occupato il
posto di Dio e ciò è basilare per contestualizzare questo pensiero
Paolino. L’introduzione alla lettera alla Comunità di Roma spiega che
noi tutti siamo propensi al peccato. Le persone che ci hanno posto
sull’altare dei sacrifici non lo dimentichino!
e. Paolo parla di persone che sanno perché conoscono la Divinità e,
tuttavia, ingannano e resistono: parla di gente, realmente terribile.
Quando lo leggiamo attentamente, ci chiediamo: conosciamo persone così?
Qualcuno conosce persone così?
E dopo pensiamo alla polizia argentina che corrompe, violenta e uccide,
ai medici degli organismi ufficiali che lasciano morire i travestiti
solo perché sono dei travestiti e, in alcuni casi, poiché “dal momento
che si azzuffano tra di loro, allora che si uccidano tra di loro”.
Pensiamo ai fondamentalisti che giustificano le sofferenze dell’AIDS
facendo leva su questo testo e si rallegrano del nostro dolore;
pensiamo alle Chiese che si oppongono alla nostra uguaglianza dinanzi
alla legge; pensiamo a tutta la gente che all’interno della Chiesa sa
ciò che oggi stiamo raccontando ma che, sebbene non lo neghino, lo
fanno passare sotto silenzio e inventano nuove forme per giustificare
la nostra esclusione….Non so se siano malvagi come quelli che
perseguitavano la comunità cristiana primitiva, però….
Il Pensiero di Paolo sul “naturale” e il “contro-natura”
a. Affermare che per San Paolo le relazioni sessuali delle persone glbt
sono antinaturali o contro natura, non è corretto, dal momento che
l’Apostolo non esprime chiaramente questi concetti.
b. Egli usa la parola greca “phusis”= “natura” in diverse forme. Nella
Lettera ai Romani 11,17-24 usa “phusis” per esprimere l’idea che la
Divinità stia agendo “contro natura” – di buon proposito –
nell’innestare un ramo di ulivo silvestre (i non ebrei) sull’albero
coltivato (gli ebrei).
Dall’altro lato, San Paolo non sembra aver chiaro che noi siamo più che
natura: siamo volontà, cultura, sentimenti, storia, ecc e che l’agire
contro non sempre implica un significato morale o etico.
c. E’ anche possibile che San Paolo sostenesse nell’insegnamento ebreo
che l’accoppiamento dell’uomo con la donna ha come solo scopo la
procreazione e ignorasse che il fine ultimo dell’apparato genitale
umano non è solo procreare ma anche dar piacere quando raggiunge
l’orgasmo. E’ pur probabile che San Paolo fosse incline ad accettare la
filosofia stoica dell’epoca, che insegnava che il corpo è totalmente
cattivo e che l’unica cosa preziosa era l’anima, prigioniera in esso e
libera solo con la morte. Ciò è contrario al messaggio di Gesù, il
Cristo: “Il ladro viene per rubare, uccidere, distruggere; ma io sono
venuto perché abbiano la vita e perché l’abbiano in abbondanza”
(Giovanni 10,10).
Ermeneutica pastorale
San Paolo ci fa pensare che sono contro natura gli uomini eterosessuali
che violentano donne lesbiche o obbligano uomini gay a sposarsi per
compiere un mandato familiare o sociale o quando alle persone
transgenere si nega il diritto naturale alla propria identità. Ciò è
realmente frutto del peccato e merita il castigo divino.
Lo stesso Apostolo, invece, ci dà la chiave, più avanti nell’epistola,
di ciò che ci rende liberi, persone libere nel cammino di salvezza per
il mondo. Ci dice che “per mezzo di Cristo abbiamo potuto avvicinarci”
a quella Divinità che nella sua epoca era già così difficile da
visualizzare o da aver chiara.
“Siamo in pace con la Divinità per mezzo della Fede in Gesù” e dice
qualcosa di molto importante: nonostante l’autenticità della nostra
fede e della nostra essenza, senza bisogno di mentire o nasconderci,
essa ci è causa di sofferenza, discriminazione e dolore. “Ci vantiamo
di queste sofferenze perché la verità ci dà la fermezza per sopportare
la prova e ci riempie di speranza” (Romani 5,3-5).
D’altro canto, dal punto di vista etico, se ci chiediamo
“l’omosessualità è naturale?”, la risposta più adeguata è “sì”. E’ ben
chiaro che fisicamente è possibile l’eccitazione sessuale stimolata da
una persona dello stesso sesso.
La risposta fisiologica è evidente, naturale. La biologia non conosce
la moralità. Ad ogni modo, non è sempre facile definire ciò che
costituisce il “naturale”. Frequentemente, ciò che si definisce come
“naturale” è ciò che insegna la cultura. Ebbene, sappiamo che l’essere
umano è natura dalla sua origine e dalla sua origine è cultura poiché è
“monopolizzato” dalla parola.
Inoltre, con il passare del tempo ha cambiato ciò che considera
“naturale”. Per esempio: l’essere mancino era stato considerato
antinaturale fino a tempi recenti, nelle scuole si cercava di forzare
le bambine (i bambini) mancine (/i) a cambiare, ma senza successo!
(Molti mancini morirono sul rogo dell’Inquisizione per essere
“antinaturali e complici del diavolo”).
In altri tempi si pensava che gli indigeni non fossero umani; che la
gente che vive dove fa molto caldo fosse naturalmente oziosa e debole a
causa del clima; e che le donne fossero inferiori agli uomini e
biologicamente più adatte a certi mestieri. Si credeva anche che le
relazioni sessuali tra cristiani ed ebrei o musulmani fossero delitti
contro natura.
Allo stesso tempo si mostrava che soltanto il coito tra uomo e donna
sdraiati “faccia a faccia” era naturale. Tutte le altre posizioni
furono dichiarate contro natura. Chiaro che tali idee ubbidivano ad una
grande ignoranza , ma erano anche miti che giustificavano le pratiche
sociali.
Oggi si dice che i genitali umani mostrino l’omosessualità come
antinaturale. Tuttavia, mentre è chiaro che il “naturale” è la
relazione uomo/donna poiché si completano ed è necessariamente
effettuata per procreare, la relazione sessuale omosessuale è
antinaturale perché non ha come proposito o conseguenza la
procreazione. Inoltre, il piacere stesso è biologicamente programmato,
è un errore pensare che l’obiettivo del piacere sessuale sia soltanto
per procreare.
Oggi, la sessuologia ci dice che l’obiettivo del piacere sessuale è
l’orgasmo e ciò include tutti gli orientamenti e condotte sessuali. In
questo senso, è interessante sapere che gli antichi greci ritenevano le
relazioni omosessuali naturali; tuttavia, dobbiamo fare una certa
attenzione nell’uso di queste affermazioni, perché l’omofobia insiste
sul fatto che noi glbt viviamo in funzione della nostra sessualità o
apparato genitale. Ciò è un gravissimo errore, è antievangelico; “noi
glbt non siamo soltanto una pulsione sessuale – siamo semplicemente
persone con necessità, desideri e progetti come qualsiasi altra”.
L’omosessualità è naturale perché è una condizione involontaria,
attecchita nei meandri più profondi dello sviluppo umano, prodotto
dalla stessa natura. Sebbene si scosti dalla norma della “maggioranza”,
non è una perversione della natura.
La fede non ha nulla a che vedere con il nostro orientamento sessuale,
non ha nulla a che vedere con il corpo, ma ci riconcilia con la nostra
identità o orientamento sessuale e anche con il nostro corpo quando ci
offre la certezza che Dio ci ha riempito dello Spirito Santo. Non c’è
altro tra la Divinità e noi. Questa speranza è frutto di una fede che
NON si basa sul pregiudizio, né su una dottrina particolare e nemmeno
nello spazio di alcune formule spirituali.
E’ un’opzione aperta a partire dalla quale conosciamo il messaggio
specifico che possiamo offrire al mondo: l’amore profondo della
Divinità per tutte le persone.
Bibliografia
- "EL CORAJE DE AMAR", Seis Estudios sobre Homosexualidad, Pastoral
Ecuménica con los afectados por el SIDA, Ed. Movimiento Ecuménico por
los Derechos Humanos (MEDH) 1995
- Roy H. May, "VEINTE PREGUNTAS ACERCA DE LA HOMOSEXUALIDAD" Algunas
Respuestas desde una Perspectiva Cristiana. Ed. Escuela Ecuménica de
Ciencias de la Religión, Universidad Nacional - Costa Rica 2001
- Renato Lings, LAS TRADUCCIONES BÍBLICAS Y LA HOMOFOBIA, ed. «Otras
Ovejas» Ministerio Multicultural para Minorías Sexuales - Bruselas 1996
- Comentario Bíblico "SAN JERÓNIMO" Tomo III, Nuevo Testamento 1, Ed. Cristiandad - MADRID 1972
- Nancy Wilson, "OUR TRIBE" Queer Folks, God, Jesus, and the Bible, Harper San Francisco 1995
Norberto D'Amico e Roberto Gonzalez
fonte: Testo elaborato per il Centro Cristiano de la Comunidad GLTTB (www.geocities.com/cecrisglttb/)