L'omosessualità nell'ordine simbolico cristiano
1. Il genere, come'è stata costruito dalla nostra cultura?
E' una domanda che ovviamente ha occupato il pensiero delle donne dal
quale prendo spunto. Risponderò in tre tappe, semplificando al massimo.
Il pensiero delle donne ha messo in evidenza, in primo luogo, che la
costruzione del genere, la maschilità e la femminilità è speculare,
come è speculare una certa costruzione della sessualità in termini di
eterosessualità, da una parte, e omosessualità, dall'altra. Inoltre,
bisogna tenere conto che la costruzione dell'identità non avviene in
una società di uguali bensì in un groviglio complesso di relazioni
asimmetriche le quali girano intorno un soggetto unico il famoso
"maschio, borghese, cittadino, colto euro atlantico" (Vigli, p. 49) e
eterosessuale. Infine, la costruzione del genere (se sono donna o uomo)
non ha solo a che fare con la nostra biologia ma anche con la
costruzione della preferenza sessuale (se sono etero o omo)
Vediamo questi punti uno per uno. Da quando nasciamo veniamo divisi e
divise in maschi (fiocchetto blu) e femmine (fiocchetto rosa) (Cfr.
Monceri pp. 23,28, 50ss). Dai primi giorni di vita l'identità più forte
che ci viene offerta e/o imposta è quella di genere. Come ha ben visto
Simone de Beauvoir tanti anni fa "donna non si nasce" ma lo si diventa.
La stessissima cosa possiamo dire dell'uomo. Maschi e femmine non solo
vengono differenziati ma il loro genere viene costruito in opposizione
reciproca (l'altro giorno una mia amica, madre di una bimba di tre anni
è rimasta inorridita: nella civilissima Francia il negozio di
giocattoli era diviso in due parti, quella per i maschi con le
macchinine e le costruzioni, quella per le femmine con le bambole e i
mini attrezzi da cucina). Maschio, quindi, vuole dire rifuggire il
mondo delle femmine e tutte le caratteristiche che ci sono state
attribuite, la dolcezza, la morbidezza, la cura, le emozioni e via
dicendo. In altre parole, maschio è tutto ciò che femmina non è; la
femminilità serve poiché il bambino sessuato al maschile sviluppi la
sua identità da maschio. Scrive Borrillo: "Secondo il processo di
socializzazione maschile, l'educazione al ruolo di maschio si effettua
in funzione dell'opposizione costante alla femminilità". (p. 87).
Potremmo dire che in questo regime la femminilità si riveli persino
essenziale in quanto permette al maschio di diventare uomo.
Tale processo di socializzazione ha luogo in una società in cui
storicamente le relazioni tra donne e uomini sono disuguali, costruite
in modo che l'uomo, per citare il titolo del noto studio del sociologo
francese Bourdieu, possa esercitare il "dominio maschile". Le donne
hanno analizzato a lungo le relazioni che vigono all'interno di una
società costruita sulla dissimmetria tra uomo e donna sotto la rubrica
del patriarcato o della kiriarchia. Come spiega la filosofa Adriana
Cavarero, "In sintesi, la tradizione occidentale assume la differenza
sessuale come un'opposizione di maschile e femminile in cui i due
termini non sono posti sullo stesso piano, uno di fronte all'altro,
bensì sono strutturati secondo un ordine gerarchico di subordinazione e
esclusione" (115).
Fin qui abbiamo rigorosamente due generi (posizioni intermedie non sono
ammesse) maschile e femminile costruiti l'uno in opposizione all'altro
ma non su un piano di parità o di equivalenza perché il maschile è
superiore al femminile. Tuttavia l'identità o meglio l'identificazione
di genere, non è completa senza aggiungere un altro tassello, quello
della preferenza o dell'orientamento sessuale. Uomo è colui la cui
sessualità è orientata verso le donne; donna colei la cui sessualità è
orientata verso il sesso opposto. E' stata Judith Butler a mettere in
evidenza che l'ordine sociosimbolico patriarcale (di cui stiamo
parlando) è rigorosamente eterosessuale ed è costruito sull'esclusione
non solo delle donne ma anche degli omosessuali. Possiamo dire, quindi,
che in questa ottica l'omosessualità è necessaria alla costruzione
dell'eterosessualità tanto quanto la femminilità alla maschilità. E'
attraverso lo spauracchio dell'omosessualità che l'identità,
soprattutto direi quella maschile, viene costruita come eterosessuale,
e in questi giorni abbiamo avuto un esempio tanto lampante quanto
rivoltante di questo meccanismo. Così Daniel Borrillo nel suo libro
sull'omofobia dichiara "La virilità deve strutturarsi non solo in
funzione della negazione del femminile ma anche del rifiuto
dell'omosessualità" (p. 21) Abbiamo visto, quindi, che "la costruzione
dell'identità sessuale funziona per antagonismo: un uomo è l'opposto di
una donna e un eterosessuale l'opposto di un omosessuale" (86).
A questo punto, succede qualcosa di curioso; da un lato gli opposti sia
di differenza sia di preferenza sessuale si escludono a vicenda, ma
dall'altro si implicano a vicenda. La costruzione dell'omosessualità
serve per costruire l'eterosessualità. Ma poiché non sono complementari
ma "strutturati secondo una gerarchia di subordinazione esclusione",
l'omosessualità serve a rendere la nostra una società eteronormativa.
Si finisce, cioè, "per costruire una nuova dicotomia
eterosessuale/omosessuale…che da un lato catalizza l'attenzione
distogliendola dalla critica alla fondamentale opposizione M/F, mentre
dall'altro permette a coloro che vi si riconoscono di 'normalizzarsi'
perlomeno nel senso di diventare la naturale opposizione
all'eterosessualità, ma al prezzo di escludere qualsiasi altra
possibilità ulteriore a tale dicotomia" (Monceri, pp. 44). Questo è il
regime simbolico in cui ci troviamo a vivere le nostre vite con le
nostre multicolori sessualità!
2. Che cosa ha a che fare questa analisi con l'ordine simbolico cristiano?
Sarebbe ovviamente troppo arduo esplorare tutta la complessa
costruzione della differenza sessuale nella tradizione cristiana la
quale parte dal Dio che fece "l'uomo a sua immagine e somiglianza
maschio e femmina li creò" (Gen 1,27) Inizierò prendendo spunto dalle
conclusioni del mio ultimo libro, Il Vangelo secondo Paolo. Una lettura
di genere e non solo. Esplorerò a partire dalle premesse teoriche che
ho appena delineato come la differenza di genere e la preferenza
sessuale funzionino nel discorso di Paolo. A dire la verità le
questioni di genere e di sessualità sono del tutto marginali al
pensiero dell'apostolo; egli ne parla esplicitamente solo in 1 Cor.
Tuttavia la mia scelta è giustificata in quanto questo testo, grazie ad
una mossa ermeneutica estremamente ardita (e dal mio punto di visto del
tutto illegittima) è diventato fondamentale per le chiese.
In 1 Cor 11 scopriamo che per Paolo è imprescindibile che i segni
esteriori della differenza di genere non vadano persi. (Green, pp.
131ss) Anche se la donna dovesse assumere un ruolo pubblico all'epoca
più consono al maschio, come profetizzare nell'assemblea, deve tenere
il capo coperto. Mentre il brano presenta notevoli problemi esegetici,
è comunque chiaro che per Paolo e per il mondo sociale e simbolico in
cui si muoveva non era "decoroso che una donna preghi Dio senza aver il
capo coperto" (1 Cor 11, 13). Tagliare i capelli, scoprirsi la testa è
cosa vergognosa per una donna. Il suo capo deve essere coperto sennò fa
disonore al suo capo. Qual è il suo capo? L'uomo! Per proteggere il
diritto delle donne ad intervenire nell'assemblea pubblica Paolo dice
che la differenza sessuale va preservata e va preservata in due modi,
attraverso dei segni esteriori (il capo coperto) e mantenendo la donna
nell'ultima posizione della scala gerarchica Dio-Cristo-uomo-donna.
In questo brano vediamo che "l'uomo" e "la donna" sono necessari per
costruire l'identità in opposizione l'uno all'altro. Inoltre, tale
differenza è radicata "nella stessa natura" come cose ovvie, date,
naturali: "Non vi insegna la stessa natura che se l'uomo porta la
chioma, ciò è per lui un disonore? Mentre se una donna porta la chioma,
per lei un onore; perché la chioma le è data come ornamento" (v. 15).
Secondo Paolo, quindi, la donna può assumere un ruolo culturalmente
connotato al maschile solo se palesa la sua differenza di genere. La
donna non deve, citando le parole di uno studioso contemporaneo
disonorarsi "con tentativi di auto mascolinizzazione" (Biguzzi, 55 che
altrove dice che "Paolo prende le distanze da una posizione
esasperatamente egualitarista diffusa a Corinto" p. 43) La cosa vale,
però anche per l'uomo, l'uomo non deve adottare modi che lo avvicinino
al mondo femminile delle chiome lunghe. In altre parole, gli uomini
della chiesa di Corinto devono tenersi lontani da comportamenti che
potrebbero rasentare l'omosessualità. Sebbene il testo non ne parli
esplicitamente i biblisti odierni non esitano a vedere qui un
riferimento all'omosessualità ("L'intervento di Paolo fu forse ispirato
dal timore che la comunità cristiana si esponesse a sospetti di
omosessualità" Biguzzi, p. 67) Vediamo, quindi, che in gioco non è solo
il comportamento delle donne ma anche degli uomini. Essere omosessuali
o in odore di omosessualità non è permesso. In questo testo troviamo
tutti gli elementi che abbiamo elencato prima: la differenza di genere
come un dato della natura costruite in opposizione all'altro, la
subordinazione della donna all'uomo, l'omofobia ossia l'eternormatività.
La questione della differenza sessuale a Corinto non si chiude, però,
così . Al capitolo 14 c'è il famigerato versetto che ordina alle donne
di stare in silenzio e sottomesse, ricacciate nella sfera domestica.
Possiamo prescindere dalla discussione esegetica intorno a questo testo
perché di fatto esso è entrato a fare parte della prassi delle chiese.
Ciò che mi preme mettere in evidenza è che il comportamento delle donne
o meglio il modo in cui la comunità si pone riguardo alla "questione
femminile" diventa un metro di giudizio per differenziare tra le
chiese. "Come si fa in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano
nell'assemblea perché non è loro permesso di parlare" scrive Paolo.
L'apostolo, però, riconoscendo che di fatto questo non accade in tutte
le chiese, è costretto a tirare fuori un argomento decisivo "Se
qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose
che vi scrivo sono comandamenti del Signore". Anticipando il dissenso
aggiunge "E se qualcuno li vuole ignorare, lo ignori" (v. 38). Che cosa
sta affermando Paolo? Che il comportamento delle donne e quindi la
differenza di genere, differenza che come abbiamo visto, coinvolge gli
uomini e anche la preferenza sessuale, segna un confine. In questo caso
un confine tra comunità cristiane. Le chiese si differenziano tra di
loro, riconoscendosi o ignorandosi in base alla posizione che assumono
circa la questione femminile.
In questo modo vediamo che la differenza di genere è fondamentale per
l'ordine delineato dall'apostolo. Esso va al di là del comportamento
delle donne e degli uomini per diventare una questione di comunione
interecclesiale. Poiché la differenza di genere è costruita a partire
da un ordine sessista che assume come norma l'eterosessualità, anche
l'omosessualità ha a che fare con i confini - in questo caso tra le
comunità cristiane che sono in comunione con l'apostolo Paolo e quelle
che non lo sono, che vanno ignorate. Vorrei che ci soffermassimo un
attimo su questo punto. Abbiamo già visto che l'ordine socio simbolico
è sia misogino che omofobo, la subordinazione e esclusione delle donne
e degli omosessuali vanno se non alla pari, almeno insieme; si trovano
su un continuum. Vorrei suggerirvi che ancora oggi i confini tra le
chiese vengono segnalati nello stesso modo - producendo delle alleanze
trasversali fra le diverse confessioni. E' solo una questione di tempo
finché una chiesa che accetta la parità tra i sessi e ammette, per
esempio, le donne al ministero pastorale attui una politica di
inclusione verso le persone omosessuali; viceversa chi mette in
questione l'accoglienza affermativa delle persone omosessuali prima o
poi metterà in questione anche la parità raggiunta dalle donne nella
chiesa. Posso garantirvi che la prima domanda fatta dalle persone che
si avvicinano alla chiesa di cui sono pastora non riguarda Dio, Cristo
o cose del genere bensì la nostra posizione sull'omosessualità. La
differenza di genere e di preferenza sessuale servono a demarcare i
confini tra le comunità cristiane.
Esploriamo ancora un po' questa questione dei confini. Sembra che per
Paolo la chiesa di Corinto avesse un problema a riguardo. Viene,
infatti, accusata di non proteggere a sufficienza i confini che
dovevano separarla dal mondo pagano circostante. Parlando del caso
d'immoralità nella chiesa a Corinto scrive "Poiché devo forse giudicare
quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li
giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi" (1 Cor
5,12). Vediamo che i confini devono essere chiari, c'è un dentro e un
fuori. Non solo, la comunità ha il dovere di espellere il malvagio. Il
modello a cui si ispira Paolo è quello del popolo di Israele codificato
nell'AT come una comunità che doveva espellere tutto ciò che minacciava
la sua identità. Paolo qui, infatti cita un testo dal Deuteronomio che
si riferisce alla pena di morte per colui che predicava l'apostasia o
esercitava l'idolatria. In altre parole, qui possiamo vedere
chiaramente come la differenza di genere e la relazione tra i generi
(detto altrimenti la questione femminile e la questione omosessuale)
diventano segno della fedeltà a Dio di una comunità.
Nella seconda lettera ai Corinzi (6,14-18), Paolo torna sul tema dei
confini. Paragona la comunità cristiana "al tempio del Dio vivente" e
stabilisce una serie di opposizioni tra fedeli e infedeli, giustizia e
iniquità, luce e tenebre, Cristo e Beliar, il tempio di Dio e gli
idoli. Citando il profeta Isaia Paolo scrive "Abiterò e camminerò in
mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò
uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il signore, e non toccate
nulla d'impuro e io vi accoglierò" (2 Cor 16s). La chiesa di Corinto
deve rafforzare i suoi confini in due modi, sia togliendo il malvagio
da in mezzo a lei sia separandosi da tutto ciò che è impuro.
Paolo ha un orrore di qualsiasi cosa che rasenta una commistione,
armonizzazione, comunione tra ciò che è stato costruito l'uno in
opposizione all'altro. Perciò non può tollerare qualsiasi cosa che
mette in questione il genere come è stato costruito. Non può tollerare
una contaminazione tra il maschile e il femminile, non può tollerare
che le donne non siano subordinate agli uomini, non può tollerare ciò
che mette in questione l'eteronormatività, quindi una serie di
comportamenti cui oggi diamo il nome omosessuali. Perché? Perché
minaccia un confine che è fondamentale per la fede biblica, la distanza
e separatezza tra Creatore e creatura.
Secondo Dorothee Sölle (p. 24), la presunta distanza insormontabile tra
il Creatore e il creato è diventato una dicotomia sessuale; il polo
divino della dicotomia è stato declinato al maschile, quello umano al
femminile cosicché "Il concetto ontologico è stato usato in modo
sessista". Modo sessista che possiamo dire è anche modo eterosessista.
Lo vediamo chiaramente nella lettera ai Romani, i rapporti omosessuali
sia tra donne sia tra uomini diventano sintomo di aver "mutato la
verità di Dio in menzogna e aver adorato la creatura invece del
Creatore". L'omosessualità menzionata è segno di un attraversamento
illegittimo di confini che servivono per segnalare la differenza tra
Dio e l'essere umano, tra Dio e il mondo. Che cosa sto affermando? Sto
dicendo che per dire la differenza tra Dio e il mondo, tra il Creatore
e il creato, differenza fondamentale per la fede giudeocristiana
l'ordine simbolico cristiano ha utilizzato un linguaggio sessuato. Che
cosa significa? Che quando il cristianesimo parla di genere non si sta
sempre parlando di donne e uomini, etero e gay bensì di qualcos'altro
ovvero della distinzione tra il Creatore e la creatura.
Troviamo un altro esempio del linguaggio sessuato nella metafora
sponsale usata dai profeti per parlare della relazione tra Dio e il suo
popolo, Israele in termini di un matrimonio patriarcale. Anche in
questa figura troviamo tutti gli ingredienti della costruzione di
genere e orientamento sessuale. Differenza di genere, rapporto
gerarchico, eteronormatività (e, posso dire, una buona dosi di
violenza). Questa metafora è entrata nel linguaggio cristiano per
parlare della relazione della chiesa (femmina) con Cristo (maschio). Vi
sto invitando a prestare attenzione a come le chiese utilizzano un
linguaggio sessuato che in ultima analisi esclude donne e omosessuali.
La prima cosa da fare, quindi, è distinguere tra un uso figurato del
linguaggio e il suo uso letterale per poi trovare modi per declinare la
relazione tra Dio e il mondo che prescindano dal linguaggio sessuato.
In altre parole, l'omosessualità è anche una questione di ordine
simbolica. La posizione degli omosessuali nelle chiese avanzerà nella
misura in cui si riesce ad operare delle trasformazioni simboliche.
L'omosessualità ha in sé, quindi, una grossa carica sovversiva di
elementi chiave dell'ordine simbolico cristiano.
Secondo l'analisi che ho fatto finora l'ordine socio simbolico
(ecclesioteologico) cristiano rende invisibile l'omosessualità. Essa,
pur essendo necessario alla sopravivenza della stessa eteronormatività
ecclesiale viene espulsa dal campo cristiano (il quale diventa così
decisamente meno campo). Ciò è possibile perché la preferenza sessuale
non è visibile come la differenza di genere. Le donne non vengono
completamente espulse dalla comunità ecclesiale ma vengono relegate ai
margini, alla sfera privata della casa, al silenzio. Nelle
rappresentazioni pubbliche della chiesa cattolica non hanno nessuna
visibilità. Semplicemente non ci siamo. Ora, però, cambierò prospettiva
per mettere in evidenza, per quanto riguarda l'omosessualità maschile,
proprio il contrario mostrando come la chiesa, e specificamente quella
cattolica, dà ampia visibilità all'omosessualità maschile facendo del
tutto scomparire le donne. Siamo arrivati alla terza parte del mio
intervento.
3. Un'omosessualità visibile. Confessioni a confronto
Abbiamo visto che "l'ordine simbolico patriarcale si fondo su una
logica assai singolare che … assume il solo sesso maschile come
paradigma dell'intero genero umano" (Cavarero, p. 116). E' lui ad
occupare il polo superiore nelle relazioni gerarchiche. Ci ricordiamo
che nella dicotomia tra Creatore e creatura evidenziata da Sölle e
altre, per dire il polo divino viene usato il linguaggio maschile; per
dire quello umano viene usato quello femminile. Nella simbologia
cattolica questa è resa evidente attraverso la coppia Dio Padre e Maria
Madre della Chiesa. Per quanto sia esaltata la figura di Maria non è
mai identificata col polo divino della dicotomia ma sempre con quello
umano in quanto simbolo della chiesa o dell'umanità perfetta.
Inoltre, Dio Padre è solo uno delle tre figure che compongono la
Trinità declinata tutta al maschile, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Ora, a livello di organizzazione ecclesiastica accade una cosa strana,
il clero pur facendo parte di un'entità femminile (la chiesa)
simboleggia il polo divino della dualità, Cristo. La presunta
maschilità di Dio Padre e Figlio viene usata per escludere le donne dal
ministero ordinato, esclusione che è stata ripetutamente ribadita.
L'intransigenza della gerarchia cattolica nei confronti del sacerdozio
femminile è tutta tesa a proteggere la natura esclusivamente maschile
del divino e dei suoi rappresentanti, il clero. E' un esercizio di
dominio maschile e violenza simbolica.
Continuiamo ad esplorare la valenza simbolica di questo maschile.
Secondo la filosofa Mary Daly una Trinità tutta al maschile (la quale
domina l'ordine simbolico cristiano) è frutto di un immaginario
omosessuale. Vorrei che ascoltaste le sue parole "È un mythos sublimato
e quindi nascosto dell'erotismo omosessuale maschile, il matrimonio
perfetto tutto al maschile, il club migliore degli uomini, il monastero
modello, l'associazione maschile suprema, il modello per ogni tipo di
riproduzione maschile" (Gyn/Ecology, p. 38). Queste parole che suonano
piuttosto preoccupanti, difatti rispecchiano la realtà. Mary Daly non è
l'unica ad aver individuato questa apparente contraddizione, anche la
filofosa Luce Irigaray ha messo in evidenza che l'ordine simbolico
maschile è l'ordine dell'uno o del medesimo. Abbiamo già visto,
infatti, come esso prende come norma e misura l'essere umano sessuato
al maschile. Lei chiama tale ordine "hommesexuel". L'economia binaria
che mette in atto deve escludere l'omosessualità perché essa rischia di
rivelare il segreto nascosto del funzionamento sociale, le relazioni
tra uomini. Tale ordine non è solo simbolico ma difatti, come vediamo
magnificamente nel caso del clero di alcune chiese, costruisce un mondo
senza donne. (Cfr. Noble) Vediamo, quindi, che attraverso un clero
esclusivamente maschile l'unico atto a rappresentare il divino,
l'omosessualità maschile guadagna visibilità a costo, ovviamente
dell'esclusione delle donne e delle nostre diverse sessualità.
Sottolineiamo il fatto che in tale ordine o meglio, disordine,
l'omosessualità femminile non trova nessun spazio.
C'è però, di più. Nel mondo esclusivamente maschile della gerarchia
cattolica agli uomini è permesso di avvicinarsi alla sfera femminile.
Lo fanno in due modi. Nel primo si appropriano di funzioni che la
cultura ha sempre associata al mondo delle donne, come il parto, il
nutrimento, la cura. Funzioni strettamente associate al corpo e quindi
alla "natura" femminile vengono assunte e messe al servizio dello
"spirito" maschile. Mi riferisco al battesimo, all'eucarestia, alla
pastorale in generale. Sentiamo di nuovo Daly, "Riconoscendo che le
femmine erano incapaci di svolgere persino gli umili compiti femminili
loro assegnato dal progetto Divino, i preti dello Specchio innalzarono
tali funzioni a quel livello soprannaturale di cui essi soltanto erano
competenti. La nutrizione fu elevata al rango di Sacra Comunione. Il
bagnetto acquistò dignità nella confessione e nella Confessione.
L'irrobustimento prese il nome della Cresima e la funzione
consolatoria…l'estrema unzione" (Oltre Dio padre p. 234). Il secondo
modo in cui al clero è permesso di avvicinarsi al mondo femminile è
mediante l'abbigliamento. Riprendiamo le parole della Daly: "I preti
dello specchio emanarono la legge che i membri del club dovevano
portare la sottana. Per chiarire ulteriormente la questione,
stabilirono che in certe occasioni speciali si facessero delle aggiunte
all'abbigliamento ordinario…morbidi sopravveste di pizzo bianco e
copricapi di varia foggia e colore…ai capi veniva richiesto di
indossare calze di seta, cappelli a punta, abiti di velluto e cappe di
ermellino…Essi divennero così venerabili modelli di transessualismo
spirituale" (235).
Anche se non siamo del tutto d'accordo col quadro che fa Daly, la sua
analisi dovrebbe farci riflettere. Da una lato, come ho dimostrato
nella prima parte, l'omosessualità (specie nella chiesa cattolica) è
resa invisibile, "tolta di mezzo" per fondare un ordine socio simbolico
eteronormativo teologicamente retto dalla dicotomia Creatore, creatura.
La pratica dell'omosessualità è esplicitamente esclusa; l'unico
comportamento sessuale ammesso è quello eterosessuale all'interno di
una relazione monogamica. Tale ordine è costruito a partire da una
rigida differenziazione tra maschile e femminile e la subordinazione
del femminile al maschile. Mettere in questione solo uno di questi tre
assunti rischia di fare traballare tutto l'edificio.
Dall'altra parte, però, poiché l'eteronormatività è costruita non solo
in opposizione all'omosessualità ma anche in opposizione alle donne, e
poiché a costruirlo è il nostro unico soggetto maschile,
l'omosessualità maschile difatti guadagna visibilità sia a livello
simbolico (la Trinità maschile) sia in modo ecclesiale (la gerarchia
maschile della chiesa cattolica) sia a livello pratico (le relazioni
omosessuali del clero). Non è difficile vedere in questo mondo
costruito rigorosamente a partire dall'esclusione delle donne una forte
vena di misoginia.
Riassumendo possiamo dire che nell'ordine simbolico patriarcale gli
uomini omosessuali sono discriminati a causa del loro orientamento
sessuale. Finché questi rimane invisibile, gli uomini omosessuali
godono dei privilegi accordati al loro genere, classe e via dicendo. Le
donne eterosessuali, godono dei privilegi accordati all'eterosessualità
in generale (privilegi i quali derivano dall'essere in relazione con un
uomo) mentre sono discriminate a causa del loro genere. Non è difficile
vedere come le donne lesbiche sono rese doppiamente inessenziali e
invisibili a causa sia del genere sia della preferenza sessuale. Le
lesbiche mettono in pratica ciò che è impensabile per
l'eteronormatività (fondante sull'ordine "hommesexuel"), vivere senza
mediazione maschile!
Nell'ordine simbolico cristiano, l'eteronormatività trae la sua vita da
una serie di confini rigidamente costruiti tra Creatore e creatura, Dio
e il mondo, Cristo e la chiesa declinati al maschile e al femminile.
Tale ordine esercita un controllo sociale mediante i corpi sessuati.
Ciò che non è tollerato è sconfinare, mettere in questione i confini,
confondendo o contaminandoli. La bisessualità, per esempio, fa
esattamente questo e perciò non viene considerato nell'opposizione tra
etero/omo (Monceri, p. 79) Ciò che ora vorrei esplorare brevemente è il
modo in cui il genere funziona all'interno dell'ordine simbolico
cristiano di stampo protestante (storico) e perché questo diverso
ordine simbolico ha permesso alle chiese del protestantesimo storico di
operare, almeno negli ultimi anni, una politica di affermazione
dell'omosessualità. Di nuovo il mio punto di partenza sarà il pensiero
delle donne.
E' diventato un luogo comune rinfacciare alle chiese protestanti la
mancanza di simboli femminili. Il nostro è un ordine simbolico
prettamente maschile in quanto il polo femminile rappresentato da Maria
è pressoché scomparso. La scomparsa della differenza di genere al
livello simbolico non ha avuto effetti necessariamente negative né per
le donne né per le persone omosessuali. Anzi, le chiese del
protestantesimo storiche sono le uniche ad accettare (con sfumature
diverse) l'omosessualità e la piena parità ecclesiale delle donne. Come
mai? Offrirò una mia ipotesi.
Forse avete sentito parlare dell' "universale neutro". Sarebbe il
cosiddetto "uomo" in senso generico ossia la persona umana al di là
dell'attribuzione di genere, l'uomo nella frase "i diritti dell'uomo"
che si presume voglia anche dire i diritti delle donne. E'
un'emanazione del soggetto che ha costruito l'ordine simbolico "tutto
intorno a sé" il nostro amico "maschio, borghese, eterosessuale ecc."
Il pensiero della differenza ha evidenziato come questo regime
pretendendo per sé la neutralità, difatti innalza a unico modello
dell'umano la maschilità escludendo la differenza sessuale (ovvero le
donne). Se trasponiamo questa analisi alle chiese protestanti le quali
hanno privilegiato il polo maschile, scopriamo che il maschile
funzionando come l'universale neutro è riuscito, negli ultimi anni, ad
includere le donne e le persone omosessuali. A me pare di capire che il
concedere meno importanza a una simbolica di genere, o meglio il
privilegiare l'universale neutro, ha difatti permesso alle chiese
protestanti di operare una politica di (presunta) parità tra i generi e
tra gli orientamenti sessuali. In altre parole, in qualche modo ha
attraversato il confine che la dicotomia sessuale doveva proteggere.
Quale è questo confine? Non possiamo che abbozzare una risposta a
questa domanda. Teologicamente esso ha sicuramente a che fare con la
distinzione tra sacro e profano che è stata declinata in modo diverso
all'interno del protestantesimo. E' un confine che è stato attraversato
da Dio in Cristo. Che abbia anche da dirci qualcosa riguarda al genere
è intimato da Paolo in Gal 3,28 (versetto che ho approfondito altrove
Green, pp. 174) "non c'è né Giudeo né Greco, né schiavo né libero né
maschio e femmina ma voi tutti siete uno in Cristo Gesù". Notiamo en
passant che quando Paolo riprende altrove questo testo, la differenza
di genere scompare probabilmente perché fonte del tipo di problema che
ahimè l'apostolo aveva affrontato a Corinto. Sembra, infatti, che
l'idea di "essere uno in Cristo" riesca a mettere in questione una
serie di confini. Si è interpretato questo versetto in termini di
parità tra i generi. Poiché il genere perde d'importanza come fonte di
privilegi o di discriminazione, la parità vige tra uomini e donne e le
donne sono incorporate a tutti gli effetti nel ministero e nella vita
pubblica delle chiese. Poiché, come abbiamo visto abbondantemente,
nella determinazione di genere è implicato anche l'orientamento
sessuale, la serie di opposti citati da Paolo sono stati ampliati per
includere l'eterosessuale e omosessuale. Così possiamo leggere: "Non
c'è qui né Giudeo ne Greco, non c'è né schiavo né libero; non c'è né
maschio né femmina; non c'è né eterosessuale né omosessuale".A questo
punto mi sento di poter affermare che l'ordine simbolico del
cristianesimo protestante non è costruito sull'esclusione
dell'omosessualità. Rimane, comunque, un problema l'universale neutro
cui donne e omosessuali sono equiparati rimane sempre maschile e
eterosessuale. Bisogna, quindi, fare una mossa ulteriore, scindere il
"Cristo" dall'essere "in Cristo" dalla maschilità (proposta del tutto
fattibile) e interpretare quell "uno" in termini di un "unità sociale"
come afferma Schüssler Fiorenza: "Gal 3,28 non promuove una maschilità
ontologica bensì l'unità sociale in cui le divisioni sociali,
culturali, religiose, nazionali e di genere biologico" alla quale
aggiungiamo di orientamento sessuale "non sono più valide" (p. 155).
Non si può parlare di omosessualità nell'ordine simbolico cristiano
senza parlare di genere in quanto il regime eteronormativo, pensato dal
maschio, è costruito sull'esclusione sia della femminilità sia
dell'omosessualità. In questo intervento ho esplorato, per sommi capi,
come funziona l'omosessualità nell'ordine simbolico cristiano.
Riassumendo 1) Da una parte l'omosessualità non solo ha a che fare con
uomini e donne in carne in ossa ma con assunti teologici di fondo. La
sua invisibilità e espulsione serve a mantenere intatti dei confini, in
ultima istanza di natura teologica. Questo significa che se
l'omosessualità ha il coraggio di pensarsi fino in fondo può mettere in
questione un ordine simbolico con effetti nefasti per donne e uomini a
beneficio del cristianesimo tutto. 2) D'altra parte, abbiamo visto che
un'omosessualità simbolica e maschile è resa ampiamente visibile dal
clero cattolico mediante ciò che Irigaray chiama un ordine
"hommesexuel". La questione da porsi è come quell'ordine può continuare
a conciliarsi con l'esclusione assoluta delle donne e la proibizione di
atti omosessuali? Infine, 3) Mettendo in evidenza la mancanza di
simbolismo femminile nell'ordine simbolico delle chiese protestanti ho
suggerito che questa ha permesso loro, mediante l'universale neutro" di
non costruirsi più in opposizione alle donne e all'omosessualità
includendo nella vita delle chiese le donne e le persone omosessuali.
Ora bisognerebbe, per così dire sessuare tale universale neutro senza
ovviamente riprodurre le dicotomie di genere fallocentriche. Il lavoro
da fare è enorme ma spero di aver contribuito in qualche modo alle
vostre riflessioni a proposito.
Elizabeth E. Green
Bibliografia
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