E' con sofferenza ed anche con sbigottimento che constatiamo
che in queste settimane in molti sta venendo meno, nei confronti
delle nostre sorelle e dei nostri fratelli omosessuali, l'atmosfera
di riconciliazione e di confessione dei peccati del passato e
del presente su cui tutti ci dovremmo concentrare nell'anno giubilare.
Queste nostre sorelle e questi nostri fratelli sono presenti
anche nella nostra Chiesa, nel nostro clero, nei nostri ordini
religiosi, nelle nostre associazioni e ritengono che il messaggio
di Gesù li accolga e li comprenda nel piano della salvezza
( "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà
salvato") senza che la loro condizione sia negata o contraddetta.
La loro diversità non deve essere più giudicata
ed isolata come spesso è avvenuto in passato ed ancora
oggi talvolta avviene nelle nostre comunità cristiane,
essa non deve essere nascosta ( anche a causa della nostra ipocrisia
) ma deve essere resa manifesta ed accolta. Quando essa si organizza
nelle forme pubbliche e di massa del Gay Pride non ci sembra
evangelico pronunciare facili condanne né premere perché
le istituzioni pubbliche creino difficoltà di ogni tipo
fino a non garantire i diritti tutelati da uno stato laico, per
i cui valori ogni credente deve impegnarsi in quanto fondati
sul messaggio universale di Cristo.
Vorremmo vedere a Roma la nostra Chiesa dire che il Giubileo
è di tutti e per tutti .
A tutti chiediamo che quanti, credenti e non credenti, verranno
a Roma per la settimana del Gay Pride siano accolti fraternamente
da un popolo cristiano che apra loro le proprie case e le proprie
chiese.