La morte del Cristo
(Marco 14,1 – 15,47)
Il racconto della Passione è lungo e complesso. Gli studiosi si sono concentrati sull’analisi di ogni singolo elemento, sino ai particolari più nascosti e misteriosi, e questo ha portato alla produzione di una raccolta molto estesa di opere che trattano il tema. Dunque, non mi avventurerò in una esegesi del racconto, in una spiegazione complessiva degli ultimi giorni della vicenda storica di Gesù.
Il testo, del resto, è molto coinvolgente, sia emotivamente sia letterariamente, e forse bisognerebbe leggerlo semplicemente, così com’è, senza avere troppe pretese; senza pensare di arrivare ad una ricostruzione storica e definitiva dei fatti che portarono alla morte del profeta di Nazaret. Del resto, il racconto in questione non è né una cronaca né un verbale di interrogatorio, ma piuttosto una ricostruzione a posteriori che ha come scopo principale la narrazione di una vicenda di fede, un’esperienza che è diventata fondante per le prime comunità.
Una morte avvenuta nel silenzio
«Si può pensare che la sua morte sia avvenuta nel silenzio». Così, il biblista Giuseppe Barbaglio conclude il capitolo sulla crocifissione del suo libro su Gesù (Gesù ebreo di Galilea, Edb, Bologna 2002, p. 519). Probabilmente, nessuno era presente sul Golgota durante la morte del maestro galileo – a parte qualche soldato, gli esecutori materiali del supplizio.
Nessuno dei suoi discepoli – troppo impauriti per farsi vedere in giro – e nessuno dei grandi e dei potenti della terra – troppo lontani da quella periferia di Impero romano che era la Palestina dell’epoca. Ma lì, sul quel monte, si stava consumando la vicenda di un uomo che avrebbe cambiato la storia dell’Occidente (nel bene e nel male) e che avrebbe assunto il ruolo – suo malgrado – di «personaggio fondante» di una nuova religione. Continua a leggere